«Bisogna impegnarsi a fondo per spiegare la vera sostanza della Costituzione, perché essa è importante per il futuro dell’Europa». Questa è la ricetta, semplice e diretta, che Hans-Gert Pöttering offre per salvare un’Europa che a molti osservatori appare in una lunga fase di stallo. Secondo il politico tedesco, invece, non siamo in presenza di un momento di crisi profonda e non occorre ripensare i modelli d’integrazione finora intrapresi. I paesi europei si trovano, è vero, ad affrontare una congiuntura economica difficile, ma non si tratta di una crisi fuori dall’ordinario, né di qualcosa che non possa essere gestito con le normali regole della democrazia. E, soprattutto, l’Europa e il centrodestra europeo devono continuare per la strada percorsa finora, cercando di colmare, casomai, il piccolo deficit di comunicazione fra l’Unione Europea e i suoi cittadini. Di questo appare convinto Hans-Gerd Pöttering, autorevole europarlamentare tedesco dal 1979 e dal 1999 presidente del Partito Popolare Europeo, che proprio da quell’anno è il gruppo più numeroso del Parlamento europeo. In questa intervista Pöttering, che, se le regole della politica europea non subiranno impensabili stravolgimenti, diventerà presidente del Parlamento europeo a breve, parla della situazione sociale e politica di molti paesi europei, con uno sguardo al centrodestra e all’Unione Europea. E lancia un messaggio rassicurante.
Negli ultimi quattro anni il panorama politico europeo è profondamente
mutato, visto che quasi dappertutto vi sono stati dei cambiamenti delle
maggioranze di governo. Paesi con maggioranze di centrodestra come Spagna,
Portogallo e Italia, solo per fare qualche esempio, si sono ritrovate con
governi di sinistra, mentre in Germania e Grecia i partiti di centrodestra
hanno riguadagnato la guida del paese. Persino in Gran Bretagna la posizione
di Tony Blair non sembra più molto stabile dopo le ultime elezioni
amministrative. Cos’è questo malessere politico che si aggira
per l’Europa, facendo perdere le elezioni a tutti i governi in carica?
Non definirei i cambiamenti di governo come un malessere. È la regola
normale della democrazia che i governi e le maggioranze cambino continuamente.
Il governo di oggi è l’opposizione di domani e viceversa. È
però vero che molti paesi si trovano ad affrontare alti tassi di
disoccupazione e difficoltà economiche, e questo spinge gli elettori
a votare per l’opposizione invece di confermare i governi. Ma ripeto,
si tratta della normale regola della democrazia.
La maggior parte dei nuovi paesi membri dell’Ue proviene dall’ex
blocco sovietico, dove i partiti liberi venivano fortemente repressi. Come
si sono riorganizzate le forze di centrodestra e quali elementi di rinnovamento
o di rottura hanno portato nel Partito Popolare Europeo?
Molti partiti dei paesi dell’Europa centrale e orientale che fanno
parte del Ppe sono nei fatti gli eredi dell’opposizione contro il
regime sovietico nei rispettivi paesi. Riuniscono molte persone che non
erano coinvolte con i precedenti regimi e hanno arricchito con la loro esperienza
politica il Ppe, il Parlamento europeo e l’Unione Europea. Ci ricorderanno
sempre i crimini commessi dal regime sovietico nei loro paesi e il fatto
che la dittatura e il totalitarismo non sono solo fenomeni dell’estrema
destra, ma anche dell’estrema sinistra. Essi sono profondamente consapevoli
del fatto che la libertà e i diritti politici sono un dono prezioso
della democrazia che deve essere difeso. E che tali diritti non sono garantiti
automaticamente.
La Germania vive una situazione particolare: il nuovo leader della
Cdu, Angela Merkel, ha vinto le elezioni ma deve condividere il governo
con l’Spd. Crede che questo impedirà alla Cdu di attuare appieno
le sue politiche?
Al momento la Germania è governata dalla cosiddetta Grande Coalizione,
che unisce i due maggiori partiti del paese. È insolito, ma non è
la prima volta che in Germania abbiamo questo tipo di governo di coalizione.
È chiaro che ogni governo di coalizione si basi sui compromessi politici
e che nessuno dei partner possa attuare al cento per cento i propri obiettivi
politici. Ma penso che entrambi i partiti abbiano la volontà di superare
la difficile situazione economica del paese e di creare nuovi posti di lavoro.
Se il governo ci riuscirà, avrà raggiunto uno dei più
importanti obiettivi politici.
Anche la Francia si trova ad affrontare delle difficoltà.
Vi sono stati una serie di governi di centrodestra che lottano per gestire
una situazione difficile sia dal punto di vista politico che da quello sociale.
Come vede il futuro di questo paese?
Ho l’impressione che al momento la Francia, come gran parte dei paesi
europei, si trovi di fronte a una grande sfida sulle riforme economiche
e sociali. L’animata discussione sulla direttiva sui servizi che tendeva
principalmente a difendere lo status quo in Francia, così come le
violente reazioni alla proposta del cosiddetto “contratto di primo
impiego”, hanno reso chiaro che i cittadini francesi non sono ancora
convinti che sia necessario discutere le riforme. Così, naturalmente,
diventa molto difficile per un governo affrontare una situazione in cui
l’economia per crescere ha bisogno di maggiori iniziative e riforme.
In Francia, come in quasi tutti i paesi europei, bisogna intavolare discussioni
su vasta scala coinvolgendo tutte le parti sociali e, anzi, tutta la società,
cercando di diventare ottimisti verso il futuro e aperti alle riforme. Che
possono avere successo solo se i cittadini sono convinti della loro necessità
e le sostengono.
L’Italia è andata alle urne lo scorso aprile, la variegata
coalizione di centrosinistra ha vinto per il rotto della cuffia ma la Cdl
si è rivelata molto meno effimera di quanto credessero molti osservatori.
I partiti nati dal collasso della Prima Repubblica hanno dimostrato di essere
ben radicati nella società italiana. Da attento osservatore degli
affari italiani, come vede la situazione italiana? Suggerirebbe la creazione
di un partito unico del centrodestra?
Naturalmente è importante che in Italia i partiti di centrodestra
siano e rimangano una forza politica forte, e il loro scopo dovrebbe essere
quello di vincere di nuovo alle prossime elezioni. Ma spetta a loro decidere
come organizzarsi. In passato l’Italia ha vissuto periodi in cui i
governi cambiavano rapidamente. Silvio Berlusconi ha avuto il merito di
formare due governi che si sono rivelati molto più stabili dei precedenti.
Il governo attuale dovrà affrontare le stesse sfide e dovrà
dimostrare di essere in grado di agire. Questo è importante per l’Italia
e per l’Europa, perché l’Italia, in quanto membro fondatore
e grande paese, è un partner importante in Europa. I partiti di destra
dovranno essere pronti a riassumere questo ruolo nelle prossime elezioni.
Qualche mese fa il Partito Popolare Europeo ha festeggiato il suo
trentesimo anniversario. In questi anni il suo originario carattere cristiano
democratico è un po’ cambiato, man mano che entravano paesi
di tradizione più conservatrice. Secondo lei, questo lo rende più
adatto ad affrontare le nuove sfide? E perché i principi e i valori
fondanti del Ppe sono adatti a gestire queste sfide?
Certamente il Ppe ha integrato molti partiti negli ultimi dieci/quindici
anni, anche per i successivi allargamenti dell’Unione Europea. Grazie
a questo, dalle elezioni del 1999 il gruppo Ppe-De è il più
grande del Parlamento europeo. Nel corso di questo processo di allargamento
il Ppe ha ampliato il suo spettro politico, ma i suoi valori, i suoi principi
e, soprattutto, la sua chiara politica a favore dell’integrazione
europea, hanno sempre costituito la base per tutti i nuovi partiti che vi
aderivano. I valori democratici cristiani come il rispetto per l’individuo
e per la sua libertà, il principio di sussidiarietà, con il
quale si intende che i processi decisionali debbano essere il più
vicino possibile ai cittadini, costituiscono ancora il fulcro del nostro
pensiero politico. Tutti i membri del Ppe condividono queste idee, che sono
state una base solida e affidabile nel passato e continueranno a guidarci
nel futuro.
L’Unione Europea ha investito molto nel progetto della Costituzione
europea e il suo fallimento ha avuto un brutto effetto boomerang sul prestigio
e la credibilità dell’Unione stessa. È sembrato che
i politici europei abbiano sottovalutato il crescente divario fra loro e
le opinioni pubbliche e non si siano resi conto di quanto le istituzioni
di Bruxelles appaiano lontane. Come pensate di colmare questo divario e
come procederà il processo di integrazione?
I referendum in Francia e in Olanda hanno dimostrato che molti cittadini
non erano ancora pronti a seguire i rapidi sviluppi politici europei. Ma
bisognerebbe anche non dimenticare che in Spagna e Lussemburgo la maggioranza
dei cittadini ha votato a favore della Costituzione. Perciò non bisogna
generalizzare, ritenendo che vi sia una predisposizione negativa nei confronti
della Costituzione. Bisogna impegnarsi a fondo per spiegare la vera sostanza
della Costituzione, per esempio i valori comuni e un processo decisionale
più democratico, e perché essa è importante per il
futuro dell’Europa. Il Ppe vuole trasformare la sostanza del testo
in realtà politica e legislativa e faremo del nostro meglio per portare
avanti questo dibattito e trovare una soluzione prima del 2009.
Hans-Gert Pöttering, presidente del Gruppo del Partito Popolare Europeo al Parlamento Europeo (Ppe-De).
Barbara Mennitti, redattore di Ideazione.
(c)
Ideazione.com (2006)
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