Anche su Vienna l'ombra della Grosse Koalition
di Stefano Grazioli
Ideazione di settembre-ottobre 2006

Quando alla fine di aprile di quest’anno Andrzej Lepper è diventato ministro dell’Agricoltura nel governo polacco di Kazimierz Marcinkiewicz a Vienna hanno borbottato. Ironicamente. Ma come? Giusto qualche anno fa la presenza dell’fpoe di Joerg Haider nella coalizione guidata dal leader dell’oevp Wolfgang Schuessel aveva fatto scattare le sanzioni (il presunto colpevole non era nemmeno entrato personalmente nel gabinetto) e ora nessuno fa una piega? Il Landeshauptmann della Carinzia, che allora era considerato dalla stampa internazionale e dai soloni dell’Unione una specie di Hitler in versione moderna, era ed è un moderato dalle buone maniere in confronto all’ex pugile polacco ed ex presidente del Sejim. La verità è che allora il procedimento avviato contro il partito della destra austriaca fu una sciocchezza. In seguito Bruxelles decise di evitare ogni ingerenza e il passaggio sul Danubio dei famosi Tre saggi per verificare la democraticità della formazione di Haider costituì grazie al cielo un unicum. Da quell’autunno del 2000, dopo che Marrti Ahtissari e soci sdoganarono ufficialmente l’fpoe, di tempo ne è passato: Vienna ha vissuto le elezioni anticipate del novembre 2002, dopo il naufragio della coalizione tra popolari (oevp) e liberali (fpoe), la riedizione del governo Schuessel, con il presidente Thomas Klestil impegnato invano a bloccare la strada ad Haider per la seconda volta, la rielezione trionfale del discolo Joerg a governatore della Carinzia (la terza), l’arrivo alla Hofburg di Heinz Fischer, la scissione tra fpoe e bzoe, con Haider non più leader dei blu, ma degli arancioni del Buendnis Zukunft Oesterreich, l’Alleanza per il futuro dell’Austria. È proprio questo l’evento politico più eclatante degli ultimi due anni nella Repubblica alpina, felix come una volta, ma un po’ meno tranquilla del solito. E non è solo una questione di colori. Con le elezioni del 1999 era stata proprio la Rechte a spezzare l’equilibrio tra il Lager centrista e quello socialdemocratico, proponendo per la prima volta nella storia un governo vero di centrodestra: Haider era riuscito a infilarsi negli spazi concessi dai due grandi partiti di massa grazie al suo fiuto politico e all’immobilismo altrui. Da una parte l’oevp e l’fpoe a reggere le sorti del paese, dall’altra la spoe e i Verdi a fare opposizione. I liberali erano arrivati ad essere addirittura il secondo partito, scavalcando per un pugno di voti i democristiani: 27 per cento e spiccioli. Era iniziata così l’epoca del neu regieren, del governare in una nuova maniera, bloccatasi una prima volta nel 2002, rinata sotto le stesse spoglie e poi proseguita a corrente alternata fino ad oggi, alla vigilia dell’appuntamento elettorale d’autunno. L’Austria si trova ora a un incrocio pericoloso: le ultime due legislature, con Schuessel che ha dovuto mediare le posizioni talvolta scomode degli alleati, hanno rafforzato il centro (oevp) e indebolito di fatto la destra radicale (fpoe/bzoe), ma il successo del governo, brillante in casa come nei rapporti soprattutto con i paesi limitrofi dell’Europa sud orientale, ha anche tenuto lontano socialdemocratici e Gruene, almeno stando a quello che dicono regolarmente i sondaggi. Il governo viene promosso a pieni voti dagli austriaci che però distinguono tra un centro propositivo e una destra confusionaria, mentre l’opposizione non è capace di convincere. L’oevp è il primo partito, seguito dalla spoe e dai Verdi, che lasciano a distanza i nipotini di Haider. E allora? Solo il risultato delle elezioni potrà sciogliere il rebus.

I tre moschettieri
Il nodo maggiore è proprio quello della destra: quanto riusciranno a raccattare bzoe e fpoe? E che ruolo avrà l’imprevedibile Joerg? L’impressione è quella che il tempo della vacche grasse sia finito. Nel 2002 Haider era già sceso al 10 per cento: oggi Peter Westenthaler, numero uno del bzoe e suo erede, e Heinz-Christian Strache, candidato di punta dell’fpoe, devono dividersi questa torta, o quello che rimane. Molti osservatori pronosticano entrambi i partiti intorno al 5-6 per cento, appena al di sopra della soglia di sbarramento al Nationalrat, ma i colpi di coda non sono impossibili (alle elezioni comunali a Vienna lo scorso anno i blu hanno ottenuto un sorprendente 15 per cento). In ogni caso il risultato del terzo Lager, quello definito conservatore, sarà determinante per stabilire gli equilibri della futura legislatura. E il responso delle urne sarà determinato da come si comporteranno i due moschettieri della destra in campo, Westenthaler e Strache. Anzi, i tre moschettieri, perché è difficile fare i conti senza Haider. Queste elezioni e la formazione del prossimo governo metteranno fine definitivamente al suo ciclo o lo riporteranno di nuovo in mezzo alla battaglia, dalla quale uno come lui ha difficoltà a star lontano. Haider (classe 1950) è il personaggio che negli ultimi vent’anni ha segnato maggiormente la politica austriaca. Nel 1986, quando diventò per la prima volta segretario dell’fpoe, ereditò un partito a poco più del quattro per cento e nel giro di tre lustri lo portò al ventisette. Salvo poi farlo crollare di nuovo ai minimi storici con una linea politica parsa a molti scriteriata. Le sue cannonate si sono sentite in mezzo continente e con un ritmo spaventosamente regolare. Da buon populista non ha mai perso occasione per far ascoltare la sua voce e monopolizzare l’attenzione dei media. Definì l’Austria un “aborto ideologico” e già all’inizio della carriera, quando nel 1979 dalla Carinzia passò nella capitale entrando per la prima volta al Nationalrat dimostrò subito di che pasta era fatto. La lotta ai privilegi dell’era nero-rossa, contro cioè l’eterna alleanza tra popolari e socialdemocratici, e una rivisitazione a tratti discutibile del passato austriaco divennero i suoi cavalli di battaglia, destinati a scardinare nel giro di breve tempo il dominio della Grande coalizione. Il suo cammino fu però sempre costellato di brusche accelerazioni e altrettanto pericolose frenate: come quando nel 1991, da governatore della Carinzia, si avventurò in un rischioso paragone tra la strategia praticata dal governo viennese e la politica dell’occupazione del Terzo Reich. Dichiarazioni che lo costrinsero alle dimissioni. In quell’occasione promise di tornare, cosa che in realtà fece, venendo rieletto per la seconda volta nel 1999 a Klagenfurt. Poi arrivò il trionfo a Vienna. Il resto è storia più recente. Da quando è andato al governo, l’fpoe ha iniziato una costante discesa, anche perché Haider ha abbandonato la testa già nel 2000, affidando la sua creatura a Susanne Riess-Passer, allora fidata allieva del grande maestro, poi finita in disgrazia. Sono seguiti anni travagliati in cui il leader storico, pur tirando le fila dalla Carinzia non si è occupato ufficialmente delle faccende della capitale. I liberali, perse numerose elezioni regionali e quelle politiche anticipate nel 2002, hanno finito per azzuffarsi tra di loro e la guida del partito è passata prima a Mathias Reichhold, poi Herbert Haupt, a Ursula Haubner, la sorella di Haider e infine ad Hubert Gorbach, attuale vicecancelliere arancione nel governo Schuessel. Sino all’epilogo della scissione e alla fondazione del bzoe lo scorso anno e all’incoronazione di Peter Westenthaler all’inizio di questa estate come Spitzenkandidat alle politiche. Anche il cammino del delfino di Haider è segnato da luci ed ombre, proprio sulla scia del suo mentore. Con l’fpoe al governo diresse il gruppo parlamentare fino al cosiddetto “putsch di Knittelfeld”, dove insieme con Susanne Riess-Passer e l’astro nascente Karl-Heinz Grasser decise di abbandonare Haider. Poi, dopo un paio di anni di pausa dalla politica al servizio del magnate austriaco Frank Stronach nella Magna International, pensò che era il caso di ributtarsi nell’arena, guarda caso nel partito inventato a tavolino da Haider. Eletto nel giugno 2006 al vertice del bzoe, Westenthaler si è subito calato nel ruolo di cavaliere da combattimento per riportare gli arancioni al governo. In campagna elettorale ha dovuto sfidare in primo luogo il terzo alfiere della destra austriaca, anche lui nato e cresciuto all’ombra del grande vecchio Joerg. Giovane, nemmeno quarantenne, Strache ha fatto carriera nell’fpoe viennese fino ad ottenere la guida della sezione regionale nel 2004. Quando Haider nell’aprile del 2005 se ne andò portando con sé tutti i membri del governo e fondando il Buendnis, il duro Heinz-Christian salì alla guida di un partito decapitato. Del suo maestro ha mantenuto la linea populista e nazionalista, proponendo il nuovo fpoe come un partito di destra sociale, maniacalmente attento ai problemi della sicurezza e dell’immigrazione. Il problema è che Strache e Westenthaler combattono per lo stesso elettorato e questo non sembra dar loro molta fiducia. Ma saranno le urne a dare il giudizio finale. Con la volpe Schuessel pronto a dire l’ultima parola sull’eventuale proseguimento dell’alleanza di centrodestra: nero-arancione o nero-arancione-blu.

Grigiore rossoverde
Quest’ultimo, strano, tricolore potrebbe diventare l’incubo per l’opposizione. Il segretario dei Verdi Alexander Van der Bellen, ha chiesto più volte a Schuessel durante la campagna elettorale di esprimersi chiaramente contro una soluzione del genere. Ma dall’oevp sono arrivati solo silenzi. Le opzioni rimangono perciò aperte. I Gruene vorrebbero finalmente arrivare al governo, l’unica possibilità sarebbe quella di farlo in una coalizione con la spoe di Alfred Gusenbauer. Escludendo la variante di un’alleanza con i popolari, di cui ogni tanto a Vienna si sente parlare, ma solo per indicarne la reale impossibilità. A dire il vero l’esempio regionale dell’Oberoesterreich, dove da tre anni oevp e Verdi convivono senza troppi problemi, potrebbe suggerire di tentare l’esperimento anche a livello nazionale; peccato che i protagonisti, pur non bocciando a priori l’idea, sono consapevoli delle difficoltà stratosferiche di metterla in pratica. Come si dice: un’ipotesi di scuola. Il partner congeniale per Van der Bellen è quindi Gusenbauer e sulla scacchiera rimane l’alleanza rosso-verde che dall’opposizione vorrebbe passare in maggioranza al parlamento. I socialdemocratici sono il secondo partito, anche se gli ultimi anni non sono stati facili. Allo scialbo Alfredo (nemmeno tanto amato dalla base, che gli preferisce il governatore del Salisburghese, la pacioccona Gabi Burgstaller) sono mancati gli artigli per attaccare politicamente Schuessel & Co. e le difficoltà dei sindacati, principale serbatoio elettorale e sponsor del partito, hanno fatto il resto: lo scandalo della Bawag, il quarto istituto bancario austriaco, controllato dall’oegb (l’Unione dei sindacati) e le tensioni conseguenti non sono un buon viatico alla vigilia delle elezioni. I rossi, rimanendo dietro l’oevp, sembrano destinati a giocare un ruolo ancora secondario. All’opposizione o al guinzaglio del Kanzler.

La carta segreta di Schuessel
Chi è sicuro del fatto suo è proprio il cancelliere, passato dal papillon alla cravatta, colui che ha guidato l’Austria negli ultimi sei anni e l’Europa nei primi sei mesi di questo 2006. La presidenza di turno a Bruxelles non è stata brillantissima, quello che conta è comunque il risultato a Vienna. E qui Schuessel godrà certo del Kanzler-Bonus: arrivare alle elezioni con due legislature alle spalle in positivo porta ulteriori punti e il semestre europeo nell’anno elettorale non ha certo danneggiato il governo. L’Austria è uno dei paesi dell’Unione che se la passa meglio e molto è dovuto al lavoro del centrodestra. Nel 2006 la crescita è prevista al 2,6 per cento e la disoccupazione è al livello più basso in assoluto (7,1 per cento); il potere d’acquisto è superiore e quello medio europeo del 23 per cento e per reddito pro capite la Repubblica alpina è al settimo posto nel mondo. Austria felix, appunto. Uno degli artefici dell’ottima forma dell’economia austriaca è stato senz’altro il ministro delle finanze Karl-Heinz Grasser, uno che aveva iniziato in politica seguendo le orme di Joerg Haider e che si era poi emancipato: invece di diventare uno dei moschettieri della destra è diventato il jolly del centro. Salito alla ribalta con la vittoria dell’fpoe nel 1999 era stato chiamato subito al governo proveniente dalla Magna di Stronach. Uscito poi dal partito a Knittelfeld, Schuessel l’aveva richiamato alle Finanze come indipendente. Facendo la mossa giusta. Ora Grasser è una sorta di star politica e mediatica, amato agli austriaci (secondo l’istituto di ricerca Imas non solo il ministro più simpatico e telegenico, ma anche quello più abile e capace) e custodito gelosamente dal cancelliere che, se non è ancora riuscito a cooptarlo direttamente nell’oevp, può continuare comunque a godere del suo sostegno esterno. Se i popolari viaggiano nei sondaggi oltre il 40 per cento, primo partito, è merito anche del giovane Karl Heinz (nato come Strache nel 1969), ormai per l’immaginario collettivo austriaco un democristiano neoliberista a cui si perdonano gli scivoloni nella vita mondana. Il suo strombazzato matrimonio con Fiona Swarowski ha trovato tanto spazio sui media quanto la riforma fiscale (Irpeg dal 35 al 24 per cento, abolizione dell’imposta comunale su industria e commerci) che ha portato la repubblica a consolidare la posizione di snodo europeo privilegiato per i rapporti con i paesi dell’Est. Privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica e contenimento del deficit sono stati i punti che hanno permesso a Grasser di fare dell’Austria uno dei pochi paesi virtuosi dell’Unione. È lui la carta migliore di Schuessel. Nel 2002 i popolari avevano raggiunto il 42 per cento, contro il 36 dei socialdemocratici. L’obiettivo dell’autunno 2006 è quello di mantenere il primato di fronte alla traballante spoe, poi i giochi si faranno guardando dove sono finiti gli altri. Ciò che è praticamente certo è che con il prossimo voto al Nationalrat il terzo partito sarà quello di Van der Bellen (9,4 nel 2002 dietro al 10 dell’fpoe). Dalle turbolenze e dalle incertezze nel Lager conservatore usciranno invece dati importanti per stabilire se bzoe e fpoe, uniti o separati, potranno puntare ancora al governo in una coalizione moderata guidata da Schuessel. Ma la spinta populista di Strache e Westenthaler, teleguidato da Haider, potrebbe non essere sufficiente per ripetere l’esperienza governativa che dura dal 2000. Ecco quindi che si prospetta anche per l’Austria il modello tedesco, o il ritorno al passato. La Grande Coalizione. Con i popolari forti e la destra debole questa sarebbe la soluzione più probabile, lasciando stare esperimenti nero-verdi. Schuessel potrebbe offrire il posto di junior partner alla spoe in una riedizione dell’alleanza che per quasi trent’anni si è vista in Austria e partire dagli anni Settanta. Non sarebbe quindi una novità, né un pericolo. E avrebbe il benestare della stragrande maggioranza degli austriaci.



Stefano Grazioli, giornalista, lavora in Germania per media italiani e svizzeri. Ha diretto la redazione online del Kurier a Vienna e insegna giornalismo online all’Internationales Journalismus Zentrum di Krems sul Danubio.

(c) Ideazione.com (2006)
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