Quando alla fine di aprile di quest’anno Andrzej Lepper è diventato ministro dell’Agricoltura nel governo polacco di Kazimierz Marcinkiewicz a Vienna hanno borbottato. Ironicamente. Ma come? Giusto qualche anno fa la presenza dell’fpoe di Joerg Haider nella coalizione guidata dal leader dell’oevp Wolfgang Schuessel aveva fatto scattare le sanzioni (il presunto colpevole non era nemmeno entrato personalmente nel gabinetto) e ora nessuno fa una piega? Il Landeshauptmann della Carinzia, che allora era considerato dalla stampa internazionale e dai soloni dell’Unione una specie di Hitler in versione moderna, era ed è un moderato dalle buone maniere in confronto all’ex pugile polacco ed ex presidente del Sejim. La verità è che allora il procedimento avviato contro il partito della destra austriaca fu una sciocchezza. In seguito Bruxelles decise di evitare ogni ingerenza e il passaggio sul Danubio dei famosi Tre saggi per verificare la democraticità della formazione di Haider costituì grazie al cielo un unicum. Da quell’autunno del 2000, dopo che Marrti Ahtissari e soci sdoganarono ufficialmente l’fpoe, di tempo ne è passato: Vienna ha vissuto le elezioni anticipate del novembre 2002, dopo il naufragio della coalizione tra popolari (oevp) e liberali (fpoe), la riedizione del governo Schuessel, con il presidente Thomas Klestil impegnato invano a bloccare la strada ad Haider per la seconda volta, la rielezione trionfale del discolo Joerg a governatore della Carinzia (la terza), l’arrivo alla Hofburg di Heinz Fischer, la scissione tra fpoe e bzoe, con Haider non più leader dei blu, ma degli arancioni del Buendnis Zukunft Oesterreich, l’Alleanza per il futuro dell’Austria. È proprio questo l’evento politico più eclatante degli ultimi due anni nella Repubblica alpina, felix come una volta, ma un po’ meno tranquilla del solito. E non è solo una questione di colori. Con le elezioni del 1999 era stata proprio la Rechte a spezzare l’equilibrio tra il Lager centrista e quello socialdemocratico, proponendo per la prima volta nella storia un governo vero di centrodestra: Haider era riuscito a infilarsi negli spazi concessi dai due grandi partiti di massa grazie al suo fiuto politico e all’immobilismo altrui. Da una parte l’oevp e l’fpoe a reggere le sorti del paese, dall’altra la spoe e i Verdi a fare opposizione. I liberali erano arrivati ad essere addirittura il secondo partito, scavalcando per un pugno di voti i democristiani: 27 per cento e spiccioli. Era iniziata così l’epoca del neu regieren, del governare in una nuova maniera, bloccatasi una prima volta nel 2002, rinata sotto le stesse spoglie e poi proseguita a corrente alternata fino ad oggi, alla vigilia dell’appuntamento elettorale d’autunno. L’Austria si trova ora a un incrocio pericoloso: le ultime due legislature, con Schuessel che ha dovuto mediare le posizioni talvolta scomode degli alleati, hanno rafforzato il centro (oevp) e indebolito di fatto la destra radicale (fpoe/bzoe), ma il successo del governo, brillante in casa come nei rapporti soprattutto con i paesi limitrofi dell’Europa sud orientale, ha anche tenuto lontano socialdemocratici e Gruene, almeno stando a quello che dicono regolarmente i sondaggi. Il governo viene promosso a pieni voti dagli austriaci che però distinguono tra un centro propositivo e una destra confusionaria, mentre l’opposizione non è capace di convincere. L’oevp è il primo partito, seguito dalla spoe e dai Verdi, che lasciano a distanza i nipotini di Haider. E allora? Solo il risultato delle elezioni potrà sciogliere il rebus.
I tre moschettieri
Il nodo
maggiore è proprio quello della destra: quanto riusciranno a raccattare
bzoe e fpoe? E che ruolo avrà l’imprevedibile Joerg? L’impressione
è quella che il tempo della vacche grasse sia finito. Nel 2002 Haider
era già sceso al 10 per cento: oggi Peter Westenthaler, numero uno
del bzoe e suo erede, e Heinz-Christian Strache, candidato di punta dell’fpoe,
devono dividersi questa torta, o quello che rimane. Molti osservatori pronosticano
entrambi i partiti intorno al 5-6 per cento, appena al di sopra della soglia
di sbarramento al Nationalrat, ma i colpi di coda non sono impossibili (alle
elezioni comunali a Vienna lo scorso anno i blu hanno ottenuto un sorprendente
15 per cento). In ogni caso il risultato del terzo Lager, quello definito
conservatore, sarà determinante per stabilire gli equilibri della
futura legislatura. E il responso delle urne sarà determinato da
come si comporteranno i due moschettieri della destra in campo, Westenthaler
e Strache. Anzi, i tre moschettieri, perché è difficile fare
i conti senza Haider. Queste elezioni e la formazione del prossimo governo
metteranno fine definitivamente al suo ciclo o lo riporteranno di nuovo
in mezzo alla battaglia, dalla quale uno come lui ha difficoltà a
star lontano. Haider (classe 1950) è il personaggio che negli ultimi
vent’anni ha segnato maggiormente la politica austriaca. Nel 1986,
quando diventò per la prima volta segretario dell’fpoe, ereditò
un partito a poco più del quattro per cento e nel giro di tre lustri
lo portò al ventisette. Salvo poi farlo crollare di nuovo ai minimi
storici con una linea politica parsa a molti scriteriata. Le sue cannonate
si sono sentite in mezzo continente e con un ritmo spaventosamente regolare.
Da buon populista non ha mai perso occasione per far ascoltare la sua voce
e monopolizzare l’attenzione dei media. Definì l’Austria
un “aborto ideologico” e già all’inizio della carriera,
quando nel 1979 dalla Carinzia passò nella capitale entrando per
la prima volta al Nationalrat dimostrò subito di che pasta era fatto.
La lotta ai privilegi dell’era nero-rossa, contro cioè l’eterna
alleanza tra popolari e socialdemocratici, e una rivisitazione a tratti
discutibile del passato austriaco divennero i suoi cavalli di battaglia,
destinati a scardinare nel giro di breve tempo il dominio della Grande coalizione.
Il suo cammino fu però sempre costellato di brusche accelerazioni
e altrettanto pericolose frenate: come quando nel 1991, da governatore della
Carinzia, si avventurò in un rischioso paragone tra la strategia
praticata dal governo viennese e la politica dell’occupazione del
Terzo Reich. Dichiarazioni che lo costrinsero alle dimissioni. In quell’occasione
promise di tornare, cosa che in realtà fece, venendo rieletto per
la seconda volta nel 1999 a Klagenfurt. Poi arrivò il trionfo a Vienna.
Il resto è storia più recente. Da quando è andato al
governo, l’fpoe ha iniziato una costante discesa, anche perché
Haider ha abbandonato la testa già nel 2000, affidando la sua creatura
a Susanne Riess-Passer, allora fidata allieva del grande maestro, poi finita
in disgrazia. Sono seguiti anni travagliati in cui il leader storico, pur
tirando le fila dalla Carinzia non si è occupato ufficialmente delle
faccende della capitale. I liberali, perse numerose elezioni regionali e
quelle politiche anticipate nel 2002, hanno finito per azzuffarsi tra di
loro e la guida del partito è passata prima a Mathias Reichhold,
poi Herbert Haupt, a Ursula Haubner, la sorella di Haider e infine ad Hubert
Gorbach, attuale vicecancelliere arancione nel governo Schuessel. Sino all’epilogo
della scissione e alla fondazione del bzoe lo scorso anno e all’incoronazione
di Peter Westenthaler all’inizio di questa estate come Spitzenkandidat
alle politiche. Anche il cammino del delfino di Haider è segnato
da luci ed ombre, proprio sulla scia del suo mentore. Con l’fpoe al
governo diresse il gruppo parlamentare fino al cosiddetto “putsch
di Knittelfeld”, dove insieme con Susanne Riess-Passer e l’astro
nascente Karl-Heinz Grasser decise di abbandonare Haider. Poi, dopo un paio
di anni di pausa dalla politica al servizio del magnate austriaco Frank
Stronach nella Magna International, pensò che era il caso di ributtarsi
nell’arena, guarda caso nel partito inventato a tavolino da Haider.
Eletto nel giugno 2006 al vertice del bzoe, Westenthaler si è subito
calato nel ruolo di cavaliere da combattimento per riportare gli arancioni
al governo. In campagna elettorale ha dovuto sfidare in primo luogo il terzo
alfiere della destra austriaca, anche lui nato e cresciuto all’ombra
del grande vecchio Joerg. Giovane, nemmeno quarantenne, Strache ha fatto
carriera nell’fpoe viennese fino ad ottenere la guida della sezione
regionale nel 2004. Quando Haider nell’aprile del 2005 se ne andò
portando con sé tutti i membri del governo e fondando il Buendnis,
il duro Heinz-Christian salì alla guida di un partito decapitato.
Del suo maestro ha mantenuto la linea populista e nazionalista, proponendo
il nuovo fpoe come un partito di destra sociale, maniacalmente attento ai
problemi della sicurezza e dell’immigrazione. Il problema è
che Strache e Westenthaler combattono per lo stesso elettorato e questo
non sembra dar loro molta fiducia. Ma saranno le urne a dare il giudizio
finale. Con la volpe Schuessel pronto a dire l’ultima parola sull’eventuale
proseguimento dell’alleanza di centrodestra: nero-arancione o nero-arancione-blu.
Grigiore rossoverde
Quest’ultimo,
strano, tricolore potrebbe diventare l’incubo per l’opposizione.
Il segretario dei Verdi Alexander Van der Bellen, ha chiesto più
volte a Schuessel durante la campagna elettorale di esprimersi chiaramente
contro una soluzione del genere. Ma dall’oevp sono arrivati solo silenzi.
Le opzioni rimangono perciò aperte. I Gruene vorrebbero finalmente
arrivare al governo, l’unica possibilità sarebbe quella di
farlo in una coalizione con la spoe di Alfred Gusenbauer. Escludendo la
variante di un’alleanza con i popolari, di cui ogni tanto a Vienna
si sente parlare, ma solo per indicarne la reale impossibilità. A
dire il vero l’esempio regionale dell’Oberoesterreich, dove
da tre anni oevp e Verdi convivono senza troppi problemi, potrebbe suggerire
di tentare l’esperimento anche a livello nazionale; peccato che i
protagonisti, pur non bocciando a priori l’idea, sono consapevoli
delle difficoltà stratosferiche di metterla in pratica. Come si dice:
un’ipotesi di scuola. Il partner congeniale per Van der Bellen è
quindi Gusenbauer e sulla scacchiera rimane l’alleanza rosso-verde
che dall’opposizione vorrebbe passare in maggioranza al parlamento.
I socialdemocratici sono il secondo partito, anche se gli ultimi anni non
sono stati facili. Allo scialbo Alfredo (nemmeno tanto amato dalla base,
che gli preferisce il governatore del Salisburghese, la pacioccona Gabi
Burgstaller) sono mancati gli artigli per attaccare politicamente Schuessel
& Co. e le difficoltà dei sindacati, principale serbatoio elettorale
e sponsor del partito, hanno fatto il resto: lo scandalo della Bawag, il
quarto istituto bancario austriaco, controllato dall’oegb (l’Unione
dei sindacati) e le tensioni conseguenti non sono un buon viatico alla vigilia
delle elezioni. I rossi, rimanendo dietro l’oevp, sembrano destinati
a giocare un ruolo ancora secondario. All’opposizione o al guinzaglio
del Kanzler.
La carta segreta di Schuessel
Chi è
sicuro del fatto suo è proprio il cancelliere, passato dal papillon
alla cravatta, colui che ha guidato l’Austria negli ultimi sei anni
e l’Europa nei primi sei mesi di questo 2006. La presidenza di turno
a Bruxelles non è stata brillantissima, quello che conta è
comunque il risultato a Vienna. E qui Schuessel godrà certo del Kanzler-Bonus:
arrivare alle elezioni con due legislature alle spalle in positivo porta
ulteriori punti e il semestre europeo nell’anno elettorale non ha
certo danneggiato il governo. L’Austria è uno dei paesi dell’Unione
che se la passa meglio e molto è dovuto al lavoro del centrodestra.
Nel 2006 la crescita è prevista al 2,6 per cento e la disoccupazione
è al livello più basso in assoluto (7,1 per cento); il potere
d’acquisto è superiore e quello medio europeo del 23 per cento
e per reddito pro capite la Repubblica alpina è al settimo posto
nel mondo. Austria felix, appunto. Uno degli artefici dell’ottima
forma dell’economia austriaca è stato senz’altro il ministro
delle finanze Karl-Heinz Grasser, uno che aveva iniziato in politica seguendo
le orme di Joerg Haider e che si era poi emancipato: invece di diventare
uno dei moschettieri della destra è diventato il jolly del centro.
Salito alla ribalta con la vittoria dell’fpoe nel 1999 era stato chiamato
subito al governo proveniente dalla Magna di Stronach. Uscito poi dal partito
a Knittelfeld, Schuessel l’aveva richiamato alle Finanze come indipendente.
Facendo la mossa giusta. Ora Grasser è una sorta di star politica
e mediatica, amato agli austriaci (secondo l’istituto di ricerca Imas
non solo il ministro più simpatico e telegenico, ma anche quello
più abile e capace) e custodito gelosamente dal cancelliere che,
se non è ancora riuscito a cooptarlo direttamente nell’oevp,
può continuare comunque a godere del suo sostegno esterno. Se i popolari
viaggiano nei sondaggi oltre il 40 per cento, primo partito, è merito
anche del giovane Karl Heinz (nato come Strache nel 1969), ormai per l’immaginario
collettivo austriaco un democristiano neoliberista a cui si perdonano gli
scivoloni nella vita mondana. Il suo strombazzato matrimonio con Fiona Swarowski
ha trovato tanto spazio sui media quanto la riforma fiscale (Irpeg dal 35
al 24 per cento, abolizione dell’imposta comunale su industria e commerci)
che ha portato la repubblica a consolidare la posizione di snodo europeo
privilegiato per i rapporti con i paesi dell’Est. Privatizzazioni,
tagli alla spesa pubblica e contenimento del deficit sono stati i punti
che hanno permesso a Grasser di fare dell’Austria uno dei pochi paesi
virtuosi dell’Unione. È lui la carta migliore di Schuessel.
Nel 2002 i popolari avevano raggiunto il 42 per cento, contro il 36 dei
socialdemocratici. L’obiettivo dell’autunno 2006 è quello
di mantenere il primato di fronte alla traballante spoe, poi i giochi si
faranno guardando dove sono finiti gli altri. Ciò che è praticamente
certo è che con il prossimo voto al Nationalrat il terzo partito
sarà quello di Van der Bellen (9,4 nel 2002 dietro al 10 dell’fpoe).
Dalle turbolenze e dalle incertezze nel Lager conservatore usciranno invece
dati importanti per stabilire se bzoe e fpoe, uniti o separati, potranno
puntare ancora al governo in una coalizione moderata guidata da Schuessel.
Ma la spinta populista di Strache e Westenthaler, teleguidato da Haider,
potrebbe non essere sufficiente per ripetere l’esperienza governativa
che dura dal 2000. Ecco quindi che si prospetta anche per l’Austria
il modello tedesco, o il ritorno al passato. La Grande Coalizione. Con i
popolari forti e la destra debole questa sarebbe la soluzione più
probabile, lasciando stare esperimenti nero-verdi. Schuessel potrebbe offrire
il posto di junior partner alla spoe in una riedizione dell’alleanza
che per quasi trent’anni si è vista in Austria e partire dagli
anni Settanta. Non sarebbe quindi una novità, né un pericolo.
E avrebbe il benestare della stragrande maggioranza degli austriaci.
Stefano Grazioli, giornalista, lavora in Germania per media italiani e svizzeri. Ha diretto la redazione online del Kurier a Vienna e insegna giornalismo online all’Internationales Journalismus Zentrum di Krems sul Danubio.
(c)
Ideazione.com (2006)
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