South Carolina: Obama, un trionfo che può costare care
di Alessandro Marrone
[28 gen 08]
Nel South Carolina
Barack Obama stravince con il 55 per cento dei voti le primarie
democratiche, doppiando il 27 per cento di Hillary Clinton mentre Edwards
ottiene solo il 18 per cento dei consensi. Nel primo grande Stato del sud
chiamato al voto, dove la comunità afro-americana costituisce la metà
dell’elettorato democratico, la vittoria di Obama era data per certa da
tutti i sondaggi, ed è confermata dai rilevamenti post elettorali di CNN e
Fox News secondo cui il senatore dell’Illinois ha ottenuto l’81 per cento
del voto della comunità di colore, contro il 17 per cento della Clinton
nonostante il forte appeal dell’ex presidente Bill Clinton tra gli
afroamericani. Il successo di Obama supera tuttavia le aspettative,
considerando anche che in questa tornata elettorale hanno votato ben 532.000
elettori democratici, il doppio di quanti si recarono alle urne per
scegliere il candidato democratico nelle primarie del 2004. A coronamento
della vittoria di Obama giunge inoltre la presa di posizione della figlia
dell’amato presidente Kennedy, che in un articolo sul sito del New York
Times afferma che voterebbe per Obama perché “può ispirare agli americani la
stessa visione che ispirava suo padre”.
Tuttavia anche in Sotuh Carolina non tutti i dati sono a
favore di Obama. L’analisi del voto etnico mostra infatti
che il senatore di colore ha attirato solo il 24 per cento
del voto bianco, che per il resto si è diviso in parti più o
meno uguali tra Clinton ed Edwards determinando così la
sconfitta di entrambi. Poiché Edwards, che ancora non ha
vinto un’elezione primaria e non ha il seguito dei due front
runners democratici, prima o poi si ritirerà dalla corsa,
Obama corre il serio rischio di vedere confluire il voto dei
bianchi sulla Clinton decidendone la vittoria. E’ vero che
in uno Stato del sud come il South Carolina i pregiudizi
razziali sono più forti che nel resto del paese, ma Obama è
ben conscio che deve assolutamente evitare di spostare il
confronto sul piano razziale se non vuole essere condannato
dall’aritmetica del voto etnico. Nel suo discorso dopo
l’ultima vittoria ha infatti ribadito che “la scelta in
queste elezioni non è tra regioni, religioni o sessi; non è
tra ricchi e poveri, vecchi e anziani; e non è tra bianchi e
neri”. Altro piccolo punto a favore della Clinton è
l’endorsement ricevuto dal New York Times che ha invitato ha
votare per lei nel campo democratico giudicandola “più
preparata”, avallando così l’accusa rivolta spesso ad Obama
di essere incerto nella conoscenza dei problemi e vago nel
proporne le soluzioni.
Lo stesso New York Times ha invitato a votare nel campo
repubblicano per John McCain, perché è il candidato che se
eletto presidente si discosterebbe di più dalla linea di
Bush. In effetti McCain ha criticato il presidente su temi
che stanno a cuore ai liberal newyorkesi come i metodi di
interrogatorio assimilabili a tortura usati
dall’intelligence americana, ed è ben distante dal fervore
religioso di Bush sui temi etici. Tuttavia per altri versi
il veterano del Vietnam è sulla stessa lunghezza d’onda
dell’attuale amministrazione, specie nel campo della
politica estera: è stato McCain a proporre per primo l’invio
di rinforzi a Baghdad, e la sua strategia in Iraq come nella
guerra al terrorismo si riassume in una sola parola,
vincere. L’endorsement di un grande quotidiano liberal come
il NYT è però un’arma a doppio taglio. Da un lato infatti
può costar caro ad un candidato repubblicano come McCain
impegnato a conquistare anche la destra del partito, che
finora ha sostenuto i suoi rivali Romney e Huckabee.
Dall’altro lato però taglia ulteriormente l’erba sotto i
piedi al rivale Rudolph Giuliani, che aveva puntato tutto
sulla costa est e sul segmento “centrista” dell’elettorato
repubblicano nella sua corsa alla nomination. L’ex sindaco
di New York sta ora pagando a caro prezzo in termini di
popolarità la sua prolungata assenza dalle primarie fin qui
svoltesi, e la Florida è diventata per lui un appuntamento
cruciale quanto difficile visto che secondo molti sondaggi
deve inseguire sia Romney che McCain. Quest’ultimo ha
inoltre ottenuto in Florida l’endorsement del governatore
repubblicano Charlie Crist, e del senatore repubblicano nato
a Cuba Mel Martinez, esponente di spicco della forte
comunità cubana. E’ difficile prevedere quanto questi
fattori incideranno nelle primarie che si svolgeranno nello
stato di Miami il 29 gennaio quando, come nei test
precedenti, si presenteranno candidati espressione di
segmenti consistenti ma minoritari del campo repubblicano.
In campo democratico invece, tranne il divario razziale che
potrebbe materializzarsi a danno di Obama, l’elettorato si è
finora schierato in modo trasversale con i due front
runners, che sembrano in grado di rappresentare tutte le
principali anime del partito: il giovane afro-americano
Obama ha vinto nel sud “colored” (South Carolina) come nel
nord bianco e conservatore (Iowa), mentre l’avvocato
newyorkese Clinton ha vinto nella familiare East Coast (New
Hampshire) come nell’ostico sud ovest (Nevada). Secondo le
stime della CNN nella convention democratica attualmente
Clinton può contare su 218 delegati, Obama su 127 ed Edwads
su 53, includendo nel conteggio anche i vertici del partito
che votano pur non essendo direttamente eletti dalle
primarie. Calcolando che occorrono più di duemila delegati
sui quattromila complessivi per ottenere la nomination, la
sfida tra i due front runners è ancora molto aperta. Ma
nell’uno contro uno finale giocherà forse il fatto che
Hillary in pratica può contare sulla carta “paghi uno –
prendi due”: Bill Clinton è infatti uscito da dietro le
quinte, dove già giocava un ruolo fondamentale per i suoi
contatti con establishment e finanziatori, per fare
apertamente campagna elettorale a favore la moglie, mettendo
in gioco tutto il suo appeal ed il buon ricordo della sua
presidenza. Bill sta anche facendo il “lavoro sporco” di
attaccare duramente Obama, lasciando alla moglie un’immagine
leggermente più conciliante, tuttavia bisognerà vedere
quanto tale inasprimento dei toni gioverà alla candidatura
di Hillary. Per ora il senatore dell’Illinois si gode il
trionfo in South Carolina, mentre tutti i candidati si
rimettono in marcia sulla strada verso Washington.
(c)
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