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La lezione di Barry Goldwater
di
MATTEO GUALDI
[03 lug 08]
Antonio Donno
Barry Goldwater. Valori americani e lotta al comunismo
Ed. Le Lettere, Firenze, 2008
pp. 128, euro 18,00
Il voto di novembre è ancora relativamente lontano, ma la sfida per la Casa Bianca si fa sempre più serrata. Sondaggi e spot televisivi si susseguono a ripetizione, la gara per accaparrarsi più finanziamenti possibili va avanti a suon di milioni di dollari e si cominciano a vedere i primi colpi bassi. Oggi più che in passato la sfida appassiona l’opinione pubblica mondiale, e quella italiana non fa eccezione, essendo ormai conscia dei risvolti che tale evento ha sulla vita di tutti, non solo degli americani. Tuttavia riesce sempre difficile guardare ad avvenimenti così lontani senza la conoscenza necessaria della storia e della cultura di un Paese che è profondamente diverso dal nostro, che ci illudiamo di conoscere ma che invece rimane sempre una grande incognita. Peggio ancora, spesso siamo convinti di essere dei grandi esperti e basiamo le nostre certezze sulle uniche notizie che abbiamo, quelle dei nostri media (per alcuni la lingua è ancora un ostacolo insuperabile) che il più delle volte propongono un’informazione distorta, perché figlia della nostra cultura, della nostra storia e della nostra politica. Diventano quindi particolarmente utili quei libri che aiutano a capire meglio la storia e la cultura americana, perché ci consentono di vedere le cose dalla giusta prospettiva.
In questo senso, un libro particolarmente interessante è Barry Goldwater. Valori americani e lotta al comunismo di Antonio Donno, edizione Le Lettere, che ricostruisce la storia della politica americana, ed in particolare del movimento conservatore e del Partito repubblicano, a partire dagli anni Trenta circa, e ci mostra la stretta connessione con la situazione odierna. Barry Goldwater fu il candidato repubblicano alle elezioni presidenziali del 1964, ma soprattutto fu colui che gettò le basi del movimento repubblicano così come lo conosciamo oggi. I successi elettorali dei repubblicani degli ultimi trent’anni, da Reagan a Gingrich fino a George W. Bush sono tutti figli di un movimento politico che si è evoluto negli anni ma che è una diretta derivazione del conservatorismo di Barry Goldwater, tanto che negli Stati Uniti si usa dire che egli vinse le elezioni con 16 anni di ritardo, riferendosi alla vittoria di Ronald Reagan nelle presidenziali del 1980. Il pensiero politico di Goldwater è riassunto nei suoi libri, in particolare in The Conscience of a Conservative, uscito nel 1960, che rappresenta uno spartiacque per la storia del conservatorismo americano. Il progetto del senatore dell’Arizona era quello di puntare sugli Stati del sud e del sud-ovest, la cosiddetta sunbelt, allargando l’influenza del movimento conservatore, a quei tempi radicato soprattutto nel midwest. Ma soprattutto Goldwater cercò di unificare tutti coloro che non ne potevano più della politica liberal dei democratici proponendo un nuovo tipo di conservatorismo, basato sui veri valori americani: liberalismo radicale, capitalismo, limitazione dello strapotere sindacale e riduzione del moloch governativo, e, in politica estera, lotta senza confini al comunismo.
Come si intuisce nel pensiero politico di Goldwater, definito appropriatamente Mr Conservative, ci sono tutti gli elementi della politica attuale del Partito repubblicano, per questo conoscere Goldwater, la sua storia e la cornice in cui essa si inquadra, aiuta a capire le radici della politica americana moderna. Nel suo libro Antonio Donno, professore ordinario all’Università del Salento, accompagna il lettore in un viaggio avvincente, attraverso gli anni più complessi del Novecento a cavallo della Seconda guerra mondiale, fino alla formazione di quello straordinario movimento che è il conservatorismo americano. Se vogliamo veramente capire cosa sta accadendo in questi mesi negli Stati Uniti la lettura di questo libro diventa utilissima, perché ci fa comprendere che a novembre, quando l’America si troverà nuovamente a decidere il proprio Commander in Chief, i repubblicani potranno sperare di vincere solo se sapranno riaffermare la centralità dei veri valori americani, attorno ai quali riunire tutti coloro che sono profondamente contrari ai principi liberal rappresentati dai democratici. Altrimenti il rischio è che finisca come nel 1992, quando un illustre sconosciuto, un giovane di quarantasei anni che veniva dall’Arkansas, Bill Clinton, riuscì a sconfiggere i repubblicani perché divisi tra George H. W. Bush e Ross Perot (che raggiunse il 19 per cento dei consensi, cosa assai rara per un candidato indipendente). A novembre sapremo se i repubblicani avranno saputo far tesoro delle lezioni che la storia ha inflitto loro in passato, o se saranno costretti a cercare un nuovo Barry Goldwater.
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