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di Alessandro Marrone
[20 feb 08]
Vincono Obama e McCain. Hillary Clinton in piena crisi
Obama e McCain vincono ancora in Wisconsin, Washington e Hawaii avvicinandosi così al traguardo della nomination, a portata di mano per il senatore dell’Arizona ma ancora lontano per il candidato di colore. Obama ha vinto nettamente in Wisconsin, ottenendo il 54 per cento dei voti contro il 41 di Clinton. Alla vigilia del voto, entrambi i candidati hanno cercato il consenso dell’elettorato più a sinistra del Partito democratico, orfano del candidato populista John Edwards, ritiratosi dalla corsa, adottando una posizione più forte sul tema delle tasse. Clinton ha criticato gli sgravi fiscali per le imprese varati dall’amministrazione Bush, chiedendo che fossero ritirati alle industrie che delocalizzano le produzioni all’estero, ed ha rilanciato l’idea di una tassa sulle compagnie petrolifere per finanziare la ricerca sulle energie alternative. Sulla stessa lunghezza d’onda Obama, che in Wisconsin ha ricordato gli stabilimenti chiusi nell’ultimo anno nello Stato industriale e ha criticato gli accordi commerciali siglati dai “politici di Washington”, che avvantaggiano le corporation e non tutelano i lavoratori americani. Il messaggio politico era rivolto soprattutto ai ceti sociali medio-bassi, maggiormente preoccupati per i segnali di recessione economica negli Stati Uniti, che nelle primarie iniziali hanno votato Clinton ma negli ultimi appuntamenti hanno in parte appoggiato Obama. A quanto pare, l’elettorato democratico del Wisconsin si è schierato nettamente con quest’ultimo, facendo dello Stato affacciato sui Grandi Laghi la nona tappa della marcia vittoriosa del senatore dell’Illinois, mentre la sua rivale non ha più vinto una primaria dal Supermartedì del 5 febbraio. Un trend innegabile anche se non ancora irreversibile, probabilmente confermato dai risultati delle Hawaii che con poche schede scrutinante nel momento in cui si scrive vedono il trionfo di Obama, che ha passato l’infanzia nelle isole del Pacifico. L’attenzione dei due candidati democratici si sposta ora su Ohio e Texas, che il 4 marzo assegneranno circa 400 delegati decisivi nel testa a testa considerando che, secondo una stima riportata dal New York Times, Obama conta su poche decine di seggi di vantaggio su Clinton nella convention democratica.
In campo repubblicano, McCain ha ottenuto in Wisconsin il 55 per cento dei voti, mentre il suo rivale Mike Huckabee si è fermato al 37. Nelle primarie nello Stato di Washington (dove una parte dei delegati erano già stati eletti nei caucus del 9 febbraio vinti da McCain) il senatore dell’Arizona, con metà delle schede ancora da scrutinare, ha un vantaggio di oltre 25 punti percentuali sul pastore battista. Sembra dunque che il front runner repubblicano abbia percorso l’ultimo tratto di strada verso la nomination: McCain ha vinto finora in 17 stati contro gli 8 di Huckabee e, secondo la stima del New York Times, conta su 942 delegati rispetto ai 245 del rivale. La nomination repubblicana si ottiene con 1.191 seggi e considerando che Mitt Romney, l’altro candidato recentemente ritiratosi, ha chiesto ai suoi 253 delegati di votare McCain, la vittoria per il senatore dell’Arizona è ormai matematica. Tanto che nel discorso successivo al successo in Wisconsin il candidato repubblicano ha iniziato a rivolgersi, senza ancora nominarlo, al suo probabile sfidante democratico Obama: “combatterò in ogni giorno di questa campagna affinché gli americani non siano illusi da un eloquente ma vuoto appello al cambiamento, (…) il quale promette niente di più che una vacanza dalla storia ed il ritorno ad una filosofia che crede più nel governo che nelle persone”.
Oltre all’endorsement di Romney, McCain ha ottenuto un altro sostegno importante per la sua opera di ricompattamento del fronte repubblicano, quello dell’ex presidente George Bush. In un incontro tra i due svoltosi in Texas, il successore di Reagan ha affermato che il front runner del partito dell’elefantino ha i “giusti valori e l’esperienza per guidare la nostra nazione in questo momento storico”. McCain sfidò Bush junior nelle primarie del 2000 e non ha risparmiato critiche all’amministrazione uscente, ad esempio su Guantanamo, perciò la riappacificazione con l’area repubblicana rappresentata dalla famiglia presidenziale è molto importante per vincere presto e bene la nomination repubblicana, con un occhio rivolto proprio alle primarie del Texas del prossimo 4 marzo. Bush senior riconosce di essere in disaccordo con McCain su alcune questioni, ma giudica “assurde” le accuse di non essere repubblicano rivoltegli dalla destra del partito. Per porre termine a tale querelle Bush ha anche letto un brano dei diari di Reagan nei quali il presidente, oggi un mito per i repubblicani, si lamentava di aver ricevuto lo stesso tipo di critiche da una parte dei conservatori. Il delicato tentativo di McCain di unire dietro di sé tutto il partito repubblicano senza perdere il sostegno degli elettori indipendenti, cruciali per lo scontro con i democratici, sarebbe favorito da un rapido ritiro di Huckabee e dal prolungamento della contesa tra Clinton e Obama. Entrambe le cose non dipendono però dal senatore dell’Arizona, che continua a viaggiare per gli States con il suo Straight Talk Express, sperando che il “parlar chiaro” continui a premiarlo.
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