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(c) Ideazione.com 2008
Direttore responsabile: Barbara Mennitti
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Redazione: piazza 
Sant'Andrea della Valle, 6 - 00186 Roma
Tel: 0668135132 - 066872777 - Fax: 0668135134
Email: redazione@ideazione.com
 
 
	
	IMPEGNO RUMENO
	Ciao, sono Cosmina Sanda Talpos, rumena 
	di Zalau. Vivo in Italia, in provincia di Torino, da sei anni, e sono 
	arrivata sperando di cambiare la mia vita e lasciare alle spalle il periodo 
	trascorso nella mia terra, senza dimenticare quello che lì ho vissuto, ma 
	senza dimenticare neppure la mia gente, i nostri bambini e le nostre donne 
	che da sempre subiscono gli insulti di una mentalità che non si è adeguata 
	neppure alla nuova realtà di una Romania entrata a pieno titolo nella 
	Comunità Europea.
	I bambini che subiscono violenze fisiche e morali sono il mio desiderio di 
	rivalsa, è per loro che dall’Italia lotto affinché possano vivere a pieno 
	titolo il diritto di essere piccoli. Arrivata in Italia, ho svolto per anni 
	lavori semplici, bar, pulizie negli uffici, ma il mio sogno era quello di 
	operare nel sociale per la mia gente, per la mia terra.
	Nel 2005 ho conosciuto una persona speciale, una donna che anche lei è stata 
	vittima di violenze terribili. Insieme abbiamo cominciato a lavorare per un 
	mondo migliore, contro ogni forma di violenza, da qualunque parte arrivi, e 
	lentamente il progetto ha preso corpo, dando vita ad un’Agenzia 
	Giornalistica AG Comunicazione e ad una Onlus, Daphne, contro ogni 
	violenza, di cui sono vice presidente. Ho partecipato ad un progetto 
	europeo, Daphne III, di cui sono la referente rumena, poiché rappresento i 
	sindaci di alcuni centri della Transilavania ed i padri Somaschi che operano 
	a Baia Mare, e sono pronta a presentare altri progetti che coinvolgano la 
	terra ed il popolo che io amo e per cui mi impegno ogni giorno.
	Presto opererò proprio sul territorio rumeno, cercando di creare opportunità 
	di lavoro, che diano a tutti una vita migliore. La mia battaglia continua 
	accanto ai deboli, ai più fragili, ai piccoli che non vedono futuro.
	
	Viva la Romania! E Grazie all’Italia che mi da l’opportunità di essere 
	propositiva.
	Cosmina Sanda Talpos 
	
	
	www.daphneonlus.splinder.com
	
	www.repertoriok.splider.com
	
	www.annamariaaudino.it
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UMANISTA, NON ANTILIBERALE Caro direttore, in merito all'intervista di Stefano Caliciuri a Douglas Carswell, senza sviluppare un discorso che meriterebbe uno spazio molto più ampio, vorrei dire che non invidio il sistema di caste, il livello di vita (vedere il Nhs) o la concezione mercantilista anglosassone dell'essere umano (da Locke in poi). Non voglio una società dove tutto è perfetto se si è ricchi, giovani e in buona salute, senza il minimo di solidarietà per il debole, come negli Usa, per esempio. E non mi sembra un atteggiamento antiliberale, bensì semplicemente umanista. O vogliamo eleggere lo sceriffo, come in America, nonché il capostazione?
Georges Boudron
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		GOVERNO, DARE PIU' SPAZIO AL SUD
		Gentile Redazione,
		sembra che Berlusconi abbia varato il governo della Padania. Dieci 
		ministri su ventidue sono lombardo-veneti, solo due ministri con 
		portafoglio sono del Sud. Fate notare che il meridione non è 
		adeguatamente rappresentato, vedremo se il Sud verrà adeeguatamente 
		rappresentato tra i viceministri e sottosegretari.
		
		Cordiali saluti
		Giovanni
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	MALATTIE RARE
    Le malattie rare sono tante e complesse e 
    se ritardata la diagnosi, aumentano le complicazioni per la salute dei 
    malati, in tanti casi anche gravi. In questo mio semplice scritto vorrei 
    portare l’attenzione in particolare su una di queste malattie rare: la 
    malattia di Behcet. Leggendo le dichiarazioni delle associazioni di questa 
    malattia, pubblicate su siti inernet, e su qualche giornale, i malati 
    rischiano delle complicazioni gravi alla vista, neurologiche, e tante altre. 
    Dicono sia colpa della burocrazia e delle istituzioni sanitarie nazionali 
    che non accelerano i tempi di registrazione del farmaco, per poter poi 
    segnarlo come prescrivibile per la malattia di Behcet. Il farmaco si chiama
    infliximab.
    
    Ora questo farmaco, non avendo l’indicazione per la malattia di Behcet, non 
    può essere rimborsato all’Asl, agli ospedali, e ai centri universitari. In 
    Italia esistono tre centri clinici in cui viene somministrato questo 
    farmaco, sotto la propria responsabilità e a proprie spese. Questo farmaco 
    secondo medici e malati dà risultati molto buoni, ritardando e bloccando le 
    complicazioni e anche recuperando la funzionalità di tanti organi già lesi, 
    migliorando la salute e la qualità della vita dei malati della sindrome di 
    Behcet. I tre centri sono a Reggio Emilia, Prato e Potenza.
    
    E sì che nella nostra bella costituzione italiana sta scritto che il diritto 
    alla salute deve essere garantito a tutti i cittadini, in uguale misura di 
    trattamento, anche per chi ha una malattia rara,
    
    Le normative che hanno istituito il nostro Servizio Sanitario Nazionale 
    contengono dei principi ottimi, di uguaglianza di trattamento, principi 
    universalistici di solidarietà su tutto il territorio italiano, normative 
    che contengono anche degli obiettivi di prevenzione, cura e riabilitazione 
    per tutti. Questi malati con la sindrome di Behcet incontrano tante 
    difficoltà nel giungere velocemente ad una diagnosi, affrontano tempi di 
    attesa per visite specialistiche impossibili di quattro, cinque, sei, sette 
    mesi. C'è carenza di informazione sul territorio, carenza di cure, costi 
    alti dei farmaci in alcuni casi, disomogeneità della disponibilità di 
    trattamento e di assistenza.
    
    Rivolgo un appello, per un impegno concreto, forte, da parte di tutti, dalle 
    istituzioni sanitarie preposte, sia a livello nazionale, regionale, 
    provinciale, alle Asl, alle Aziende Ospedaliere, ai Comuni. Un forte appello 
    anche ai mezzi di informazione, giornali, televisione, radio, siti internet, 
    di dedicare più tempo, più spazio per la salute dei cittadini, per le 
    malattie rare, per questi malati , per i loro bisogni, di prendersi maggior 
    impegno, invitare a qualche trasmissione televisiva, alla radio, più spazio 
    sui giornali, alle associazioni delle malattie rare, ai malati ai loro 
    famigliari, che purtroppo sono lasciati quasi soli, nelle loro sofferenze, 
    nelle loro richieste, per il diritto alla salute. Un maggiore impegno 
    dobbiamo farlo tutti insieme, per far sì che l’obiettivo di un Servizio 
    Sanitario Nazionale sempre migliore, con meno ostacoli burocratici, con meno 
    tempi di attesa per esami e visite diagnostiche, e le cure efficaci già 
    esistenti siano disponibili gratuitamente per tutti i malati di malattie 
    rare in uguale misura su tutto il territorio nazionale, e i principi di 
    uguaglianza di trattamento sia veramente attuati, e il diritto alla salute 
    per i cittadini, sia veramente raggiunto e garantito. Se faremo questo 
    contribuiremo a costruire e a raggiungere l’obiettivo di una società 
    migliore, più giustizia sociale, e piena di valori veri, dove la salute, la 
    vita siano messi al primo posto nella scala dei valori.
Francesco Lena
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MOGGI E I GAY
Il mitico Luciano Moggi ha esternato anche sul mondo gay.
Non mi permetto di fare nessuna morale a questo signore, non ne ha bisogno, ma solo alcune domande. Ha affermato che nelle sue squadre non ha mai avuto gay, ma ne è cosi' sicuro? Sottoponeva personalmente al test oppure aveva una equipe di tecnici preposti a questi controlli?
Nello spogliatoio si sta nudi, quindi i gay devono stare fuori. Questo presuppone, dal pensiero celato e velato del signor Moggi, che i gay pensano solo al sesso e si avventano sul primo maschio nudo che incontrano.
Asserisce di essere all'antica, ma solo sulle idee riguardo i gay perché invece all'utilizzo di tecnologia e telefonia di ultima generazione era ben preparato e per nulla all'antica.
Luca Maggioni
		
		Gaylib 
		Lombardia
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		ELOGIO DEL DISABILE NORMALE
		Esimi, chi Vi verga è un essere vivente che all'ombra di ciò che ebbe 
		già modo di dir il grandemente lungimirante Voltaire "disapprova quello 
		che dite, ma difenderà fino alla morte il vostro diritto di dirlo", 
		nonché volontario di Emergency e congenitamente disabile. La tanto 
		chiacchierata esclusione dalle Olimpiadi di Oscar Pistorius, atleta 
		sudafricano diversamente abile con amputazione bilaterale che si avvale 
		di protesi al carbonio, mi ha instillato una profonda considerazione.
		
		Per questo, innanzitutto, vorrei che mi si chiarisse  un dubbio. Ho la 
		sensazione, vissuta, che la "categoria" (e chiedo venia per 
		tale classificazione) delle persone con disabilità sia alla continua 
		ricerca di una propria identità, che sembra avere smarrito o voler 
		trasformare. 
		Infatti, le vite, le azioni e le vicende di persone con 
		disabilità narrate e rappresentate dalle tv generaliste e dai media si 
		incentrano quasi sempre, malauguratamente su vittime d'episodi di 
		cronaca nera o su chi rappresenta una "specificità nella disabilità", 
		come a dimostrare la propria "eccezionalità" nella disabilità stessa.
		
		La continua e sola rappresentazione di limiti estremi ad opera 
		di sportivi disabili, di specificità di artisti disabili e altro ancora 
		- sempre all'insegna dell'altisonante - da una parte, certo, mi 
		confortano e mi suscitano grande e profonda ammirazione per tutte le 
		capacità che queste persone riescono a mettere in gioco. 
		E tuttavia vorrei far notare, nella grande rappresentazione di 
		questa nostra realtà sociale, che la persona con disabilità non deve 
		mostrare le proprie incapacità per avvalorare ed esaltare le 
		capacità eventualmente raggiunte. Senza voler sottacere o nascondere 
		alcunché, mi sembra infatti che sia 
		dignitoso mostrare la persona con disabilità in tutto la sua umanità,
		
		prescindendo dall'estremizzazione del suo carattere e dei suoi limiti.
		
		Che l'handicap, ossia "l'ineguaglianza delle prestazioni" derivante 
		da      menomazioni o patologie a carico di una persona, sia in 
		realtà commisurato fortunatamente non più e non solo alla valenza di 
		questa menomazione o disturbo, bensì al fatto che la persona viva, operi 
		e lavori in un ambiente sfavorevole o favorevole, è cosa ormai 
		assodata per la quale si può concludere che la disabilità è una 
		determinata condizione in un ambiente sfavorevole. 
		Oltre a ciò, è generalmente acclarato anche che la non ricchezza 
		e l'handicap creano una sorta di circolo vizioso, tanto che se la 
		povertà è causa di patologie, vale anche il suo opposto. Per le persone 
		che vivono con un handicap, la semipovertà causa insomma una 
		forma secondaria di handicap, legata alle condizioni di vita precaria, 
		agli impedimenti sociali (non solo 
		architettonici), all'accesso alla salute. 
		Gli individui con disabilità - come esseri umani e perché esseri umani 
		- hanno diritti primari che non è lo Stato a dover attribuire; 
		diritti naturali che proprio perché tali, sottendono prerogative 
		umane insopprimibili che lo Stato deve solo riconoscere. Sono quei 
		diritti che nascono con l'uomo e con lui muoiono, costituendo la 
		garanzia vitale dei beni insostituibili e inalienabili della vita, 
		dell'integrità fisica e psichica, dell'uguaglianza e della libertà. 
		Ebbene, in tale contesto la società mostra un'attenzione molto 
		parziale nei confronti di tutti noi persone con "normale disabilità" 
		e soprattutto impotenti o incapaci, forse, a valorizzare, o direi 
		più precisamente, a mostrare, le nostre 
		non-normalità. 
		Noi disabili, non di rado siamo circondati da leggi che sembrano di 
		specificità e correttezza impareggiabile, ma che al momento della loro 
		applicazione divengono strumenti quasi devastanti della nostra dignità 
		di vita. 
		Noi diversamente abili, se non avessimo l'affetto, la vicinanza, l'amore 
		dei nostri familiari e di quelli che con abnegazione si impegnano con 
		noi, certo non troveremmo nello Stato qualcuno che ci permetta di 
		condurre una vita che possa soltanto definirsi tale. 
		E tornando a quanto si diceva all'inizio, è categoricamente 
		pleonastico   affermare che in realtà tutti hanno in sé delle 
		potenzialità che possono evolversi o essere sviluppate a prescindere 
		dalle proprie condizioni psicofisiche. Anche il mondo della "normalità" 
		è pieno di individui con una spiccata ed emergente sensibilità 
		nell'arte, nella cultura, nello sport e quant'altro. Questo però non 
		significa che la "normalità" sia costituita da tali eccezionalità, 
		altrimenti vorrebbe dire banalizzare la normalità stessa. 
		Ora, credo che nel mondo della disabilità debba essere applicato lo 
		stesso concetto in maniera più profonda e responsabile. Siamo 
		individui che alle quotidiane difficoltà della vita devono aggiunger 
		quella di un corpo non al top, e di barriere create (non sempre 
		volontariamente) dalla società. È proprio questa, paradossalmente, la 
		"normalità della disabilità". 
		Mi piacerebbe molto non vedere più la "diversità nella 
		diversità". Vorrei vedere, sentire, vivere il "disabile normale", non 
		discriminato. 
		La persona che non sempre può frequentare la scuola, che 
		difficilmente      lavora, che a volte non può uscire per le eterogenee 
		barriere: questo è il "normale disabile". E tutto l'amore e 
		l'attaccamento per la nostra vita devono
		quotidianamente fare i conti con gli sguardi curiosi degli altri,il 
		dover certificare (nel senso letterale del vocabolo!) per poter veder 
		riconosciuti e tutelati i propri diritti. 
		Sperticatamente grazie per il tempo dedicatomi,
cordiali saluti 
		Luigi  Zappa 



		
|  Le riflessioni di un filosofo sul mondo che cambia. _____________  Un occhio indiscreto e dissacrante nei Palazzi del potere. _____________  _____________ IL POST I migliori post del giorno selezionati dai blog di Ideazione. _____________ IDEAZIONE DOSSIER Analisi, approfondimenti e reportage. 
		
		
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