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LO SCONTRO SULLA GIUSTIZIA FA MALE AL PAESE
La guerra tra magistratura e politica sembra essere ormai fuori controllo. Un pericoloso scontro istituzionale che tiene sotto scacco l'intero sistema Paese.
di ENRICO GAGLIARDI

[04 lug 08]
L’impressione che si può trarre da un’analisi il più possibile asettica dell’attuale scontro tra politica e magistratura, è che la situazione sia veramente sfuggita di mano a tutti. E non oggi, non negli ultimi mesi bensì da molto più tempo. Sono passati più di dieci anni da quando l’allora Guardasigilli Filippo Mancuso, riferendosi ad alcune procure della Repubblica, le definiva testualmente “santuari tibetani, veri e propri sultanati, ribelli a qualsiasi vincolo di carattere ordinamentale e deontologico”. Da quelle memorabili parole, in occasione del suo discorso al Senato del 1995, non è cambiato molto. Ancora oggi l’Italia è dilaniata da uno scontro che pare insanabile, scontro a più livelli che si riverbera anche nell’elettorato stesso, drammaticamente diviso sulla questione. Inutile sottolineare che da tutta questa situazione chi viene penalizzato è l’intero sistema Paese: da un mese circa non si parla di altro se non di processi a carico di Silvio Berlusconi e di norme direttamente o indirettamente legate a lui. In questo modo, però, l’Italia sta perdendo l’ennesima occasione per uscire da una crisi sempre più acuta: in altri termini, scontri del genere stanno condannando definitivamente questo Paese.

In un marasma del genere due figure si stanno contraddistinguendo per posizioni di buon senso e grande responsabilità: la prima è quella di Giorgio Napolitano; il Presidente della Repubblica, infatti, mantiene responsabilmente un comportamento terzo, di garanzia, nonostante venga da più parti tirato per la giacca; anche le sue ultime dichiarazioni nei confronti del Csm hanno contribuito, nel limite del possibile, a placare le polemiche. La seconda personalità è l’attuale ministro della Giustizia: in pochi all’inizio contavano sulle sue capacità; Angelino Alfano invece sta dimostrando giorno dopo giorno equilibrio e professionalità. Mediando con le associazioni dei magistrati, ha preferito evitare lo scontro aperto, ed anche nella vicenda Berlusconi ha scelto una posizione di estremo rigore. Intanto l’iter di approvazione delle norme in questione prosegue tra mille difficoltà: è facilmente intuibile come tra pochissimo “la palla” passerà all’ultimo arbitro istituzionale, ovvero la Consulta, alla quale inevitabilmente sarà affidato il sindacato di costituzionalità delle leggi, tra cui quella sulla sospensione di alcuni processi e l’ormai noto “lodo Schifani bis”.

E’ fondato presumere che l’opinione pubblica eserciterà un certo perso sulla Corte Costituzionale: il giudice delle leggi in tal senso dovrà far ricorso a tutta l’autorità che ha sempre contraddistinto il suo operato per non risentire di tale pressione. Ad una situazione già sufficientemente in bilico si affianca anche la questione riguardante le intercettazioni telefoniche: a prescindere che il governo scelga la strada della parlamentarizzazione del provvedimento ovvero la via molto più rapida ma meno istituzionale del decreto legge, la questione risulta comunque complessa ed intricata. Se per un attimo si fornisce a tutta la situazione uno sguardo d’insieme, si può notare uno scollamento di certa parte della magistratura rispetto al cambiamento dei tempi. Sono finiti gli anni di Tangentopoli e con essi anche quell’ondata di distorto sdegno popolare che trascinava le persone davanti al Tribunale di Milano, indossando t-shirt inneggianti a Di Pietro e all’intero pool.

Chi ha votato Silvio Berlusconi, consegnandogli la guida del Paese, conosceva benissimo la sua situazione giudiziaria, il suo conflitto di interessi, i suoi processi pendenti. Questo non ha impedito però al Cavaliere di ottenere moltissimi voti: un elemento del genere non è affatto trascurabile; sta a significare che “la piazza” non alletta più nessuno. I processi hanno esaurito la loro spinta propulsiva. Ai sociologi spetta tirare le conseguenze del caso. Una conferma di questo si potrebbe avere già l’otto luglio, in occasione della manifestazione organizzata dall’Italia dei Valori e dai girotondi che magicamente sono ricomparsi dopo qualche mese di silenzio. Quel giorno si avrà il termometro della situazione; quello che si può dire fin da subito è che certo la piazza non impedirà alla maggioranza di proseguire nell’attuazione del suo programma. A dar spallate, come si sa, spesso si rimane solo contusi.


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