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C'E' POCA GIUSTIZIA NEI PROGRAMMI ELETTORALI
Pdl e Pd hanno presentato i loro programmi elettorali ma entrambi non affrontano uno dei temi più urgenti: il nodo della riforma della giustizia.
di ENRICO GAGLIARDI

[04 mar 08] Dal dibattito sui programmi che entrambi gli schieramenti portano avanti si palesa una grave lacuna: l’assenza preoccupante di qualsiasi riferimento ad una riforma della giustizia penale e civile. Sbaglia, ed anche di grosso, chi sottovaluta un aspetto del genere. Ad oggi la giustizia rappresenta il nodo principale del Paese proprio perché da questo discendono a cascata tutti gli altri problemi dall’economia ai diritti sociali, solo per fare qualche esempio. Che la questione giustizia sia terribilmente seria lo dicono le cifre soprattutto quelle che riguardano il diritto criminale ed il processo penale a questo intimamente connesso. I dati forniti dal ministero della Giustizia sono a dir poco inquietanti: ad oggi la popolazione carceraria, tra case di reclusione, case circondariali ed istituti per la misura di sicurezza, ammonta a circa 48.693 persone; di queste il 39 per cento sconta una condanna definitiva (per tali soggetti dunque il carcere esercita la sua funzione primigenia) mentre ben il 58 per cento si trova in attesa di un giudizio conclusivo di un iter processuale e tra questi una gran parte subiscono provvedimenti di custodia cautelare in carcere aspettando ancora lo svolgimento del primo grado. Detto in termini più brutali, la maggioranza della popolazione carceraria del nostro Paese si trova in uno stato di privazione della libertà non sulla base di un provvedimento definitivo. Siamo in presenza insomma di una vera e propria emergenza sociale che va risolta alla radice e senza indugi, in primo luogo attraverso una riforma immediata del processo penale affiancata da una riformulazione più restrittiva e garantista della custodia cautelare misura di cui in questo Paese spesso si abusa.

In campo civile le cose non vanno meglio, anzi; la cosa che molti trascurano è che le lungaggini del processo civile influiscono inevitabilmente anche sullo sviluppo economico del Paese. Come possono essere incentivati gli investitori stranieri ad entrare in Italia se di fatto non esiste una tutela processuale concreta, effettiva, certa in ordine a qualsiasi contenzioso che può nascere? La regola base di uno Stato di diritto è la certezza dello stesso: senza garanzie e con una giurisprudenza che spesso si muove in maniera schizofrenica rispetto a medesimi argomenti, non c’è rispetto dei diritti fondamentali e il Paese va incontro ad un impoverimento sensibile, come tutte le nazioni che non hanno mai conosciuto un sistema di tutela giurisdizionale serio ed affidabile. Su questa linea di pensiero si muovono i più grandi studiosi e giuristi in circolazione: uno su tutti Mancur Olson. Scienziato politico scomparso da poco, Olson nel suo capolavoro “Potere e mercati” poneva in luce come senza un adeguato rispetto del diritto dei contratti non vi possa essere il presupposto per una solida democrazia liberale riportando come esempi negativi proprio i paesi dell’ex area socialista. Certo, se le soluzioni al problema giustizia sono quelle proposte nei programmi del Pd e del Pdl non c’è da stare molto sereni. Berlusconi, da parte sua, non ha precisato in maniera chiara gli obiettivi in questo campo mentre per quello che riguarda Veltroni siamo in presenza di atti tampone, veri e propri palliativi che non risolvono nulla. Non è certo attraverso l’istituzione del processo telematico infatti che si incide il bubbone della mala giustizia, non è attraverso (o non solo attraverso) la sospensione feriale dei termini processuali che si crea una giustizia giusta. I provvedimenti in questione posso essere utili solo in maniera collaterale cioè dopo aver agito alla radice del problema. Singolare ad esempio che né Berlusconi né Veltroni abbiano parlato di una riforma dell’art. 112 della costituzione tesa a modificare quell’ipocrisia giuridica denominata “obbligatorietà dell’azione penale”.

Sarebbe corretto insomma risolvere i drammi concreti del pianeta giustizia compreso quello delle carceri piuttosto che accanirsi in sterili discussioni sulla presunta politicizzazione della magistratura (sulle quali si può conversare nel merito ovviamente) di cui il cittadino comune non sente davvero il bisogno. Il leader del Pdl purtroppo sembra navigare in alto mare: ha parlato di una riforma del processo penale sul modello anglosassone, ipotesi anche coraggiosa e per certi versi auspicabile ma resta sempre da verificare la su attuabilità in concreto in un sistema come il nostro. L’altra proposta riguarda l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento da parte del pm anche qui sul modello americano. Ottima idea, in senso fortemente garantista e già proposta durante il governo di centro destra ma che purtroppo cozza con il dettato della nostra costituzione che all’art. 111, sancendo la sacralità del giusto processo regolato dalla legge, stabilisce la parità tra accusa e difesa. In altri termini una norma del genere deve passare necessariamente attraverso una riforma della costituzione per evitare una bocciatura da parte della Consulta (come infatti è già successo). Quello che resta dunque in generale è solo tanta confusione ed il rischio concreto che con l’eventuale vittoria del Pd a sedere sulla poltrona di Guardasigilli ci sia Antonio Di Pietro con le sue proposte repressive ed il suo esiguo acume garantista.



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