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[08 mag 08]

Lesbo sul piede di guerra

L’Italia agli italiani, il Tibet ai tibetani, la Padania ai padani, la Grecia ai greci. E Lesbo ai... lesbici? In effetti la locuzione non suona benissimo e fa venire subito in mente che gli abitanti della famosa isola dell’Egeo siano dediti a pratiche particolari, ma tant’è... L’isola, d’altronde, deve la sua fama alla notissima poetessa Saffo, originaria appunto di Lesbo, una delle pochissime donne il cui poetare sia arrivato dall’antichità fino ai giorni nostri. E uno dei motivi per cui è stata tramandata è proprio perché cantava le gioie dell’amore, appunto, saffico. Quindi gli abitanti dell’isola di Lesbo, potrebbero anche essere grati alla poetessa che li rende famosi in ogni angolo del globo, ma sembra invece che tanta pubblicità equivoca inizi piuttosto a infastidirli. Tanto che tre residenti, un uomo e due donne per l’esattezza, hanno deciso di portare in tribunale la “Comunità omosessuale e lesbica della Grecia”, unica associazione di rappresentanza glbt ellenica, per essersi appropriata del termine lesbica. Che, sempre secondo i denuncianti, così usato “insulta la dignità degli abitanti dell’isola”.

Certo, il fatto fa un po’ ridere, ma chi conosce almeno un po’ i greci, sa che sono piuttosto fumantini ed estremamente suscettibili in fatto di nomi e di geografia. Da anni hanno in corso una vertenza con i macedoni, che secondo loro usurpano il nome della Macedonia, mentre la vera Macedonia, quella di Alessandro, si troverebbe nell’attuale Grecia. E da sempre accusano i turchi di tutte le malefatte possibili e immaginabili, compresa quella di aver rubato loro gli alberi e lo sostengono con una serietà che fa quasi tenerezza. Niente di strano, dunque, che Dimitris Lambrou e le altre due signore si siano rivolti al tribunale di Atene, sostenendo che l’uso generale che si fa della parola lesbian in contesto sessuale viola i diritti umani degli abitanti dell’isola e li disonora in tutto il mondo. “Non è un’azione contro le donne omosessuali – ha specificato Lambrou – vogliamo soltanto che il gruppo rimuova la parola lesbian dal suo nome”. E ha continuato raccontando di come sua sorella venga fraintesa quando dice che è lesbian e di come sia fastidioso che il proprio nome venga usurpato da “alcune signore che non hanno alcun tipo di legame con Lesbo. Noi siamo lesbian da migliaia di anni!”

Nonostante le parole di Lambrou, la Comunità omosessuale in questione ha definito la denuncia “uno scherzo di cattivo gusto sul filo della discriminazione”. Secondo la portavoce Evangelia Vlami, la parola non può in nessun modo essere giudicata un insulto, visto che compare anche nei vocabolari e nelle definizioni dell’Onu. E poi, in fondo, l’isola di Lesbo si chiama anche Mitilene, una denominazione più antica che molti nativi usano per evitare di essere equivocati. Insomma, forse la sorella di Lambrou potrebbe dire che è di Mitilene o di Lesbo, senza usare l’aggettivo, per evitare di essere fraintesa. Ma com’è e come non è, ormai la denuncia è stata depositata e il 10 giugno i giudici di Atene saranno chiamati a dirimere la questione. In caso di vittoria, il trio di Lesbo minaccia di lanciare una campagna mondiale contro tutte le organizzazioni che usurpano la denominazione lesbian. Una vera e propria crociata nel nome di Lesbo. Speriamo che il loro esempio non faccia scuola. Gli abitanti di Troia, in provincia di Foggia, o di Bastardo, in provincia di Perugia, potrebbero mettere in ginocchio il Paese.

 

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