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[25 feb 08]
Il ricordino di Prodi, sfrattato da Palazzo Chigi
Capita purtroppo che un inquilino maleducato, costretto dal padrone di casa a lasciare finalmente l’abitazione, decida di vendicarsi lasciandogli un bel ricordino organico in salotto. Romano Prodi, che la sua maggioranza ha sfrattato anzitempo da Palazzo Chigi, ha reagito col medesimo bon ton. Uno dei suoi ultimi atti è stato infatti quello di far approvare un decreto che subordina la presentazione di nuove liste elettorali all’autografo compiacente di almeno due parlamentari in carica. Una “riforma” che non profuma certo di bucato alle narici di Veltroni e Berlusconi, impegnati come sono nel tentativo di semplificare al massimo il menu di sigle sulle schede elettorali del prossimo 13 aprile. Cantava De Andrè che "dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior": ecco così spuntare la Rosa Bianca di Tabacci e Baccini, che graziata dalle forche caudine della raccolta di migliaia di firme in tutta Italia, può adesso meglio contrattare con l’Udc di Casini un apparentamento utile a sottrarre voti a entrambi i partiti maggiori. Non solo. Con la sua mossa stizzita, il presidente del Consiglio ha soprattutto evitato l’aborto alla terza settimana della lista antiaborista di Giuliano Ferrara. Uno, per intenderci, che su “Il Foglio” ha per anni predicato al Cav. la necessità di dar vita a un partito unico del centrodestra e che adesso si candida a fargli perdere senatori decisivi con la sua piccola lista di disturbo. "Due parlamentari che ne firmeranno la presentazione li dovrebbe trovare", deve aver pensato Prodi con perfida bonomia. Sbagliato: di senatori (tanto bolliti quanto quasi sicuri di non essere più ricandidati) Ferrara ne ha trovati addirittura tre.
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“E’ ora di aiutare le famiglie”, recita la scritta accanto al volto del leader dell’Udc. Lo slogan di Pierferdinando Casini (uno che di famiglie se n’è fatte già due) colpisce nel segno e forse muoverà a compassione gli elettori centristi. Si sa infatti che in giro, di famiglie in crisi, ve ne sono parecchie. Quelle dei parlamentari uscenti dell’Udc, innanzitutto. "La coerenza, i principi, il non volersi mettere in vendita… Tutte belle cose, per carità", ragionava uno di loro l’altro giorno in Transatlantico, in una pausa delle votazioni del decreto “mille proroghe”. "Poi però bisogna fare i conti con la realtà: stavolta non becchiamo un senatore e ben che vada alla Camera i nostri deputati saranno tutti eletti al Sud. Qui non c’è miracolo che tenga, finisce che ci fanno un mazzo tanto…". E’ grosso modo lo stesso sconforto ammesso sui giornali dal collega Teresio Delfino. Deputato assai prolifico (sette figli da mantenere), questo piemontese di Busca aveva finora dato prova di rare capacità funamboliche: sottosegretario alla Pubblica Istruzione nel governo di centro-sinistra di Massimo D’Alema, sottosegretario all’Agricoltura nel governo di centro-destra di Silvio Berlusconi. Difficile che un siffatto campione della Seconda repubblica possa nuovamente piroettare nelle istituzioni: la scelta isolazionista di Casini trascinerà anche lui nell’angusto tombino del centro-centro. Peccato, ci mancherà.
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