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TRANSEUROPA. UN CONTINENTE IN PRIMA PAGINA



[03 mag 08]
Ci sono sconfitte e sconfitte. Ce ne sono alcune che possono avere il senso di una battuta d’arresto temporanea. Una candidatura al momento sbagliato, una proposta politica in anticipo sui tempi, un rimescolamento delle carte non compreso dagli elettori. E ce ne sono altre che appaiono tanto nette da essere definitive. Epocali. A questo secondo tipo sembra appartenere la sconfitta del New Labour nelle elezioni comunali di giovedì scorso. La speculare vittoria dei Tories merita anch’essa la copertina della rassegna stampa di questa settimana, il ritorno dei nipoti della Thatcher che trionfano ripudiandone l’eredità (e proprio quando commentatori e politologi tornano concordi a rivalutarla).  

Il terremoto elettorale inglese

Ma è la chiusura della parabola neo-centrista del Labour che attira l’attenzione, e non solo perché, il giorno dopo, le cose meno banali si leggono sul volto degli sconfitti. Già: l’immagine della batosta è tutta nel volto di Gordon Brown, cui è toccato il compito di sostenere la stanchezza degli elettori per un regno ultradecennale. Ma la vera faccia della sconfitta resta quella di Tony Blair, scampato al diluvio per quelle coincidenze temporali che sorridono agli uomini arditi e fortunati. Sì, è la fine di un’era, conferma il
Times. Ed è la fine del Labour? si chiede sconcertato il Guardian. Il Times offre in dettaglio i numeri della notte dello scrutinio. Ma la debacle è più rilevante se si osserva il dato in proiezione politica: il Labour scende un punto sotto i liberal-democratici, diventando terzo partito, il peggior dato dal 1960. I liberaldemocratici confermano la loro forza amministrativa (che generalmente si sgonfia alle politiche per effetto della legge elettorale). Conservatives are back. Dopo la vittoria di Londra dell’altro astro nascente di questi Tories ringiovaniti, Boris Johnson, classe '64, giornalista e deputato, di cui recuperiamo una scoppiettante intervista in italiano sulle ragioni dell'impero romano da CaféBabel. Il settimanale The Spectator, bibbia dei tories e diretto in passato proprio da Johnson, analizza come i laburisti si stiano già preparando agli anni di opposizione. 

Il cuore oscuro dell’Austria

Ma in settimana era stata la cronaca a conquistare la prima pagina della rassegna stampa europea con le notizie in diretta dall’orrore di Amstetten, fino a ieri tranquilla cittadina dell’Austria inferiore. A metà strada fra Vienna e Linz, il centro di ventiquattromila abitanti è sotto i riflettori del mondo intero per la vicenda di Josef Fritzl, il settantatreenne padre snaturatro che ha sequestrato per ventiquattro anni in una cella blindata ricavata da un rifugio anti-atomico la sua unica figlia, costringendola a rapporti incestuosi dai quali ha partorito sette figli (di cui uno morto).

I fatti sono ormai noti, e chi avesse ancora la curiosità di seguire gli sviluppi delle indagini può farlo direttamente dalle pagine di due quotidiani austriaci, Der Standard e Kurier che alla vicenda dedicano pagine speciali. Se siete ancora più pruriginosi, allora sono le pagine della Bild che fanno per voi, con tanto di spazio alle potenzialità multimediali di Internet, o quelle dei britannici Sun e Mirror. Quanto all’Austria, la Bbc indaga nelle inquietudini del paese alpino, teatro per la seconda volta di una storia simile dopo il caso di Natascha Kampusch. Sull’ondata di indignazione che si è sollevata, il londinese Times si interroga se in questi casi valga la pena di slavaguardare il ruolo degli avvocati d’ufficio: chi vorrà difendere un uomo come Fritzl? E chi vorrà difendere il giornalismo spazzatura? Se lo chiede il settimanale tedesco Zeit con un articolo molto critico sull’approccio della stampa popolare alla vicenda di Amstetten: il titolo è esplicito, iene alla casa dell’orrore. 

Se prevale il giornalismo spazzatura

Sempre la Zeit approfitta dello spunto per approfondire il legame tra l’esplosione del giornalismo spazzatura, che in Germania si chiama “Boulevardjournalismus” e la diffusione della stampa online. Se il
numero dei click diventa l’unica misura del successo (e l’unica misura che interessa agli inserzionisti) la strada è segnata e la qualità perduta. Secondo il settimanale, il problema non è nei lettori (che i giornali popolari incontrino il gusto della massa è dato ormai acquisito) ma nei giornali: se un commento dotto vale un click e la galleria fotografica dell’ultimo protagonista di un reality show vale venti click, dove andrà a finire il giornalismo? Ovviamente si generalizza, ma la questione riguarda non tanto la stampa specializzata, quanto quella generalista considerata seria. Avete mai dato una sbirciata a quali sono gli articoli più letti sul sito del Corriere della Sera? Fatelo. Sul giornalismo online, comunque, la Zeit costruisce, articolo dopo articolo, un archivio dossier: il link è qui

La Serbia più vicina all’Europa (ma fra due settimane si vota)

Storica firma a Lussemburgo tra Unione Europea e Serbia per la stipula dell’Accordo di stabilità e associazione: di fatto l’anticamera della piena adesione. Riserve di Belgio e Olanda, che sull’ingresso di Belgrado nell’Ue mantengono un atteggiamento piuttosto scettico. Ma la firma, che giunge a due settimane dal voto parlamentare che eleggerà anche il nuovo governo, è un aiuto alla campagna degli europeisti ed è stata per questo violentemente criticata dal candidato Kostunica che sta cavalcando la rabbia nazionalista contro l’Ue e gli Stati Uniti, rei di aver promosso l’indipendenza del Kosovo. La notizia in dettaglio la riportiamo in italiano dal sito
Ansa Balcani, così come in italiano è la prima analisi da Osservatorio Balcani. Il punto di vista francese lo affidiamo a Le Monde che racconta proprio le contrastanti reazioni in Serbia così come la tedesca Frankfurter Allgemeine

Parigi apre le porte dell’Ue all’Ucraina

Cambio di strategia politica in Francia verso l’Europa dell’Est. Dopo gli anni bui di Chirac, Sarkozy sembra ritornare su uno dei filoni cari alla tradizione diplomatica francese: l’amicizia e la simpatia verso i paesi dell’oriente europeo (in passato queste alleanze erano giocate in funzione anti-tedesca). Ne parla
Le Monde, annunciando che in vista del semestre di presidenza francese dell’Ue, Sarkozy avrebbe in mente di lanciare una campagna per l’adesione dell’ucraina all’Unione Europea. 

La Germania scopre la democrazia diretta

I tedeschi, invece, sembra stiano prendendo gusto al referendum. Lo sostiene l’
Economist, partendo dal voto che ha visto la settimana scorsa i berlinesi impegnati a decidere le sorti del loro storico aeroporto di Tempelhof e quelli di Schwerin i destini del loro borgomastro. Altri referendum sono in vista, in Baviera, nella Saar, in Brandeburgo sui temi più disparati, dal salario minimo alle tasse alla costruzione di centrali industriali. Il settimanale inglese sottolinea come i politici non vedano proprio di buon gusto questa ondata di voto popolare. Ma il referendum più balzano potrebbe tenersi di nuovo a Berlino. Sotto scacco potrebbe esserci la legge contro il fumo, sulla cui difficile applicazione vi abbiamo parlato qualche settimana fa. Il complesso processo di raccolta delle firme è avviato, come ci racconta il Tagesspiegel

In Svezia si vuol ridiscutere la legge sull’asilo politico

Dalla Svezia, infine, un lungo reportage del
Financial Times sulle preoccupazioni legate al crescente immigrazione di cittadini iracheni, molti anche di religione cristiana, che il paese scandinavo ospita grazie ad una legge sull’asilo assai liberale e che consente, ad esempio, l’immediato ingresso anche dei familiari del rifugiato. Per la Svezia è una lunga tradizione. Ma, nonostante il reportage racconti anche molte storie di successo di questa immigrazione, la popolazione locale appare inquieta e alcuni politici, specie nei comuni, stanno pensando di ridiscutere la legge.


Le riflessioni di un filosofo
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Un occhio indiscreto e dissacrante nei Palazzi del potere.
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