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Stato etico? No, grazie
di
MATTEO GUALDI
[05 giu 08] Nomen omen. Con questo antico detto i latini erano soliti indicare la credenza secondo la quale nel nome di una persona fosse indicato il suo destino. Lo stesso potrebbe dirsi per la Robin Hood Tax, il cui nome, scelto dal ministro Tremonti, è tutto un programma. Questa nuova tassa pensata dal creativo ministro dovrebbe colpire i profitti dei petrolieri “speculatori” al fine di fornire allo Stato le risorse necessarie per redistribuire reddito alle fasce più deboli della popolazione. Insomma, quando finalmente avevamo creduto che la sconfitta della sinistra radicale avesse definitivamente portato fuori dal Parlamento tutti quelli che volevano far piangere i ricchi (ricordate gli incredibili manifesti seguiti alla prima finanziaria del governo Prodi?), ecco invece che il Ministro Tremonti si fa paladino dell’etica redistributiva. Altro che “meno tasse per tutti”, come recitava lo slogan con il quale Berlusconi fu eletto nel 2001, adesso le tasse sono giuste, sono “etiche”. Con queste parole infatti, il ministro dell’Economia ha giustificato la sua decisione dicendo che si tratta di “un’imposta etica, che io sono convinto sia una cosa giusta” d’altra parte, ha aggiunto Tremonti, “in tempi straordinari servono forme di prelievo straordinarie”. A parte il fatto che, come insegna proprio la “questione benzina”, le tasse straordinarie rimangono in piedi anche quando i tempi non sono più straordinari (non a caso i carburanti sono vessati da una serie di accise nate dalla necessità di finanziarie guerre specifiche che sono rimaste anche dopo che tali guerre si sono concluse), occorre fare alcune importanti considerazioni sulla supposta etica redistributiva.
Essa nasce dalla convinzione che non solo vi sia una soglia minima sotto la quale nessuno dovrebbe scendere, ma anche che vi sia una soglia massima sopra la quale nessuno dovrebbe salire. Ma le due affermazioni non sono assolutamente unite in una relazione logica. Mentre la prima può essere accolta, e di fatto lo è sempre stata, la seconda deve essere rifiutata senza esitazioni. La prima, infatti, si basa direttamente sull’idea cristiana di fratellanza secondo la quale ogni uomo è custode del proprio fratello, e deve comportarsi come il Buon Samaritano, avendo l’obbligo morale di aiutare il bisognoso; un obbligo che incombe maggiormente, sebbene non esclusivamente, sul più fortunato. Ma mentre Gesù ammoniva il giovane ricco a “distribuire ai poveri”, non diceva ai poveri, né tantomeno a qualcun altro per loro conto, di assumersi il compito di prelevare e redistribuire la ricchezza del giovane ricco. L’assistenza è un indiscutibile obbligo sociale ma è da rifiutare con decisione l’idea che le politiche redistributive siano il mezzo migliore per risolvere il problema. L’esperienza insegna che con la scusa dell’obbligo etico a redistribuire lo Stato invadente si è sostituito agli individui, alle persone, alla famiglia ed alla società, gestendo in modo assolutamente inefficiente le ricchezze sottratte ai cittadini. Così la redistribuzione non avviene tanto dagli individui ricchi a quelli poveri, ma semplicemente dagli individui allo Stato nell’unico interesse non dei più deboli, ma dei politici e dei burocrati. C’è un grossa differenza tra Stato etico ed ispirazione etica alla quale uno Stato moderno deve fare riferimento. Il primo è l’anticamera dello Stato totalitario, la seconda invece determina uno Stato che promuove l’azione degli individui, creando le condizioni affinché ciascuno possa esplicare la propria funzione.
Il ministro Tremonti vuole aiutare i cittadini? Invece di intervenire con nuove tasse in nome di crociate redistributive, cominci con alleggerire il peso dello Stato in un settore strategico come quello dell’energia, cancellando magari i tanti balzelli che pesano sul costo della benzina, ed intervenga affinché il mercato dell’energia diventi finalmente libero dagli oligopoli che ne impediscono un corretto funzionamento. Eviti di arrogarsi una volta di più il diritto di far fare allo Stato ciò che può essere benissimo fatto dai privati, siano essi singoli o aggregazioni sociali, lasci libero ciascuno di noi di farsi autore non solo del proprio destino, ma anche di quello dei meno fortunati. Non abbiamo bisogno che lo Stato ci aiuti in questo, basta semplicemente che non ci ostacoli, che ci lasci liberi di agire, che ponga in essere le condizioni affinché ciascuno di noi possa operare in libertà per sé stesso e per il prossimo. In sostanza abbiamo bisogno solo di questo: maggiore libertà.
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