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[06 mar 08]
Cuneesi in vetta senza rum
Se
provate a digitare su un qualsiasi motore di ricerca (noi abbiamo usato
Google) le parole “cuneesi famosi”, la stragrande maggioranza delle
pagine trovate vi magnificherà la bontà dei famosi cuneesi al rum. E
cioè quell’opera di perfezione raggiunta dai cioccolatieri che si
presenta come una piccola porzione di crema al rum ricoperta da una
sottile sfoglia di meringa, protetta a sua volta da una copertura di
cioccolato fondente. Una vera delizia per il palato che ha reso famosa
la cittadina piemontese fra i ghiottoni nostrani. Arroccata su una
terrazza alluvionale a forma, appunto, di cuneo delimitata dall’incrocio
dello Stura e del torrente Gesso, circondata dalle montagne, collegata
da strade lunghe e tortuose, la cui percorribilità non è agevolata da un
clima fosco e umido, Cuneo è sempre stata un po’ la Cenerentola del
Piemonte. I torinesi riservano ai cuneesi le stesse cortesie che i
francesi rivolgono ai belgi. Se un’auto passa per la marmorea via Roma
con i fari accesi, subito qualcuno osserva sprezzante: “E’ di Cuneo”. Se
uno è vestito in maniera un po’ rustica: “E’ di Cuneo”. Se magari alza
un po’ la voce, violando il mantra sabaudo che recita “Esageruma nen”
(non esageriamo), non ci si può sbagliare. Dev’essere per forza di
Cuneo.
Anche fra i suoi abitanti, fino a poco tempo fa, i personaggi di fama si potevano contare sulle dita di una mano. Giuseppe Barbaroux, giureconsulto che aveva partecipato all’elaborazione dello Statuto Albertino, Giovanni Giolitti, nato a Mondovì, il giornalista Giorgio Bocca, la scrittrice Lalla Romano oltre, ovviamente, a un pugno di combattivi partigiani. Il che appare abbastanza normale per una cittadina piccola e remota di poco più di 54mila abitanti, noti (poco) per essere gente concreta e senza fronzoli, doti derivate anche dall’antica vocazione agricola della provincia, che al massimo rispondono alle critiche con una alzata di spalle e con una battuta nella loro testarda lingua occitana. Che, dunque, non riusciremo mai a decriptare.
E’ per questo che ci siamo meravigliati, quando ci siamo resi conto che negli ultimi, anche ultimissimi, anni il palcoscenico della politica, ma non solo, è tutto un fiorire improvviso di cuneesi. Di Cuneo è, infatti, l’attuale ministro del Lavoro Cesare Damiano con le sue eleganti cravatte; di Cuneo è la prima donna candidata a sedere a Palazzo Chigi, Daniela Santanché, presentataci due legislature fa come icona popolar-glamour dei salotti della destra e rivelatasi, invece, politico tenace e combattivo; orgogliosamente di Cuneo è anche Laura Ravetto, giovane avvocato e neoparlamentare, tanto carina quanto competente e determinata, una che sicuramente farà molta strada in politica. E se dal capoluogo allarghiamo lo sguardo anche alla provincia, la schiera dei cuneesi rimpolpa le sue fila. Di Morozzo è il ministro della Sanità in carica Livia Turco, mentre Emma Bonino, figura di spicco dei radicali, ex commissario europeo e attuale ministro alle Politiche Comunitarie, è nata a Bra.
Non solo politica, dicevamo e infatti fra i cuneesi di spicco si annoverano anche il giornalista Aldo Grasso, critico televisivo del Corriere della Sera, il politologo Ilvo Diamanti, il matematico Piergiorgio Odifreddi, paladino di tutti gli atei razionalisti nostrani, la famiglia Ferrero, gli inventori della Nutella, e Flavio Briatore (nato a Verzuolo) imprenditore e viveur, sempre a cavallo fra la cronaca rosa e quella economica. Insomma, una lista di personalità di tutto rispetto. Ma come mai tanti cuneesi alla ribalta, ci siamo chiesti? “Posso dire con certezza che la caratteristica comune a tutti i cuneesi – spiega Laura Ravetto – è l’educazione al lavoro, alla professionalità e allo spirito di sacrificio. So che può sembrare banale, ma tutte le verità lo sono. Nascere in provincia – continua – oltre a darti dei valori forti, ti spinge anche a volere qualcosa in più. Devi cercare da solo nuove occasioni di crescita e questo stimola le ambizioni personali”. Insomma, secondo la Ravetto il cocktail vincente dei cuneesi è un misto di etica del lavoro e voglia di emergere. Questa volta senza rum.
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