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[07 mar 08]
Verdone, il passato che non torna
Non è importante aspettare l'uscita del film e il responso del botteghino. Per criticare negativamente l’operazione amarcord di Grande, grosso e Verdone basta contare uno per uno i quasi ventotto anni passati da Bianco, rosso e Verdone, quello sì grande capolavoro della comicità all’italiana. I sequel, si sa, rischiano di essere solo minestrine riscaldate, soprattutto quando appaiono sul grande schermo decisamente fuori tempo massimo. Verdone ha aspettato troppo prima di concedere il bis al suo pubblico e forse doveva accontentarsi di Viaggi di nozze, il riuscitissimo film a episodi del 1995, in cui l’attore e regista romano aveva assemblato un’ottima carrellata dei suoi vecchi personaggi.
Ma oggi no, non era il caso. Carlo Verdone ha quasi 58 anni e riproporre il mitico Leo, timidissimo e imbranato ragazzo romano, appare nel 2008 un’operazione commerciale che rischia di non riuscire, che al massimo provoca molta nostalgia per il tempo che è passato (per il pubblico e per lo stesso Verdone). Si ripete, dunque, seppure su un altro e più alto livello artistico e cinematografico, il recente errore commesso da Lino Banfi con L’allenatore nel pallone 2. Anche in quel caso erano passati più di 25 anni da un film culto, scolpito nella storia della commedia all’italiana di poche pretese. E anche in quel caso la riproposizione del leggendario Oronzo Canà era risultata priva di mordente, vecchia, stantìa.
Da Carlo Verdone, però, non ci si aspettava una mossa falsa così evidente. Il regista e attore romano è uomo di cinema a tutto tondo, geniale creatore di personaggi e situazioni comiche, innovatore della commedia italiana e, in barba alla critica snob, campione di incassi come pochi nel nostro Paese. E’ lo stesso Verdone che motiva la scelta di riproporre i personaggi di Bianco, Rosso e Verdone e ammette il rischio corso: “Questo è un film pericoloso perché il paragone con il passato è inevitabile. Ma l’ho fatto per raccontare le millequattrocento persone che mi hanno scritto chiedendomi di riproporre questi personaggi”. Pur rifuggendo in maniera decisa ogni tipo di critica cinematografica pseudointellettuale, ci si consenta una piccola punta di snobismo: a che pro accontentare i gusti del pubblico pur sapendo i rischi che si corrono ed essendo consci del risultato mediocre dell’opera cinematografica in questione?
Di sicuro Verdone non ha nulla da perdere, forte com’è della sua trentennale e riuscitissima carriera. Film del genere possono stroncare le aspirazioni di un giovane o di un attore privo di quell’aura cult che invece Verdone possiede. E allora si accontenti il pubblico, si offra sul grande schermo un Leo quasi sessantenne ancora alle prese con le sue imbranate insicurezze, si riproponga il pedante e pignolo Furio (sicuramente il carattere maggiormente riproponibile), si rispolveri il burino e coatto Moreno Vecchiarutti (l’Ivano di Viaggi di nozze). Per fortuna, come già accennato, Verdone conosceva in anticipo le possibili critiche che avrebbero colpito il film e allora dalla bocca di uno dei suoi personaggi esce una tenera e autoironica giustificazione. E’ il coatto Moreno che, dopo aver proposto alla moglie Enza (Claudia Gerini) giochi erotici a base di miele d’acacia, si sente rispondere: “Ah Moré, co la glicemia arta che t’aritrovi…”. Già, gli acciacchi di un quasi sessantenne, particolarmente amati dall’ipocrondriaco Verdone.
E in fondo verrebbe quasi voglia di perdonare l'azzardo dell’attore romano, di sorvolare sul probabile sapore stantìo del suo nuovo film. Verrebbe voglia di tornare al 1980, quando la sora Lella (sorella di Aldo Fabrizi) offriva al pubblico un’interpretazione spassosissima, quando Mario Brega improvvisava sul set il mitico urlo “Io non so’ comunista così. So comunista così!” (mimando il doppio pugno chiuso). Ma non si può, purtroppo per noi e per lo stesso Verdone. Siamo nel 2008 e la genialità di quel film è definitivamente consegnata al passato. Grande, grosso e Verdone, al contrario, rischia di intaccare il ricordo di quel riuscitissimo capolavoro della commedia italiana.
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